Il poli-strumentista australiano prende possesso del palco con qualche minuto di ritardo sulla programmazione ma, non appena si siede dietro la batteria e comincia a suonare si capisce perché nessuno dalla platea abbia rumoreggiato per surplus di attesa.
Si presenta scalzo, come sempre Xavier ed inizia a dispensare perle musicali fin dalle prime battute. La musica della terra natia si mescola alle melodie reggae, alla word music e le liriche mandano messaggi di valenza sociale, di denuncia e sostegno alla difesa dell’ambiente e di quei popoli che oggi sono minoranza, fors’anche fastidiosa per chi vorrebbe declinare tutto al dio soldo. Ecco Rudd arriva scalzo, metaforicamente nudo, ad affondare tutti quei cliché che vorrebbero il consumismo come parte di un processo evolutivo di miglioramento della condizione umana. Ti accorgi poi, ascoltandolo, che il suono di un didgerodoo, come quello di una chitarra classica sono il sunto di quello che dovrebbe essere il pensare comune… vivere in semplicità e con semplicità il nostro passaggio su questo pianeta.
La musica di Xavier ti avvolge, ti scalda, emoziona… ti coccola persino se solo chiudi gli occhi e ti lasci trasportare. Qualcuno potrebbe azzardare che abbia in sé qualcosa di magico. E lo ha, in verità.
Tra il pubblico si vede gente che sorride, che piange per l’emozione, che si abbraccia… persone che fanno cadere i propri muri per aprirsi all’ascolto.
Non della musica, ma del messaggio che porta. Di quello che Rudd dice, canta, racconta. E solo allora ti accorgi che il mondo non è cosÏ cinico come lo dipingiamo
Grazie a Barley Arts per la disponibilità e ad Alice Degortes per la cortesia ed il sorriso che sempre la accompagna nell’accoglierci.
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