Tiziano Popoli ricercatore musicale o alchimista dei suoni? Benvenuto sul pulmino di SOund36.
Grazie dell’ospitalità e dell’opportunità che mi dai di parlare del mio lavoro! Credo che i termini in qualche modo si compenetrino. L’alchimia era ricerca e sperimentazione insieme concreta e speculativa. Il suo obiettivo lo era. Così, nella musica, l’alchimia si compie spesso alla fine di una lunga ricerca.
Dialoghi scombinati presi dalla radio, Steve Reich, il primo Battiato e spettacoli teatrali surreali. 40 anni dopo, la Bologna di Skiantos e Gaznevada. Ora la tua musica si lascia finalmente scoprire e ascoltare.
Si, il surrealismo mi ha sempre affascinato, ritengo che l’antologia dell’humour nero di Breton sia una raccolta preziosa, un riferimento nell’arte contemporanea. Nella mia musica ’80 mi piaceva mettere schegge di vita e quel segno fortissimo che è la voce, che rubavo dalla radio o dai dischi. Allora il “campionamento” era una faccenda complessa, fatta di tagli e montaggi di nastri sincronizzati a “orecchio”. A volte andavo a caccia di esotiche, lontane voci radiofoniche, o, la notte, né registravo i ronzii e le modulazioni di frequenza. Mi piaceva accostare elementi sonori disomogenei e distanti, per giocare sui significati che scaturivano da queste relazioni bizzarre. Tutto questo, credo, ha a che vedere con il teatro.
È uscita il 22 gennaio scorso l’antologia Burn the Night/Bruciare la Notte: Original Recordings 1983 – 1989: 14 tracce registrate nell’arco di 6 anni per spettacoli teatrali, colonne sonore, installazioni artistiche, in cui l’avanguardia e il minimalismo americano incontrano il pop.
Si, questa è la definizione che è stata più usata dai recensori a proposito di quei lavori. Io sono d’accordo. Ho sempre cercato una mediazione tra questi linguaggi. Inoltre provo una grande attrazione per la musica tradizionale e per le culture musicali di molti popoli.
La tua cultura musicale inizia dalle influenze tedesche? Credo che abbiamo molte cose in comune..
La mia cultura musicale ha radici nella… fonovaligia di mamma. Iva Zanicchi, Rita Pavone. Poi sono venuti Beatles, LED Zeppelin, Hendrix, Zappa e tutto il resto… I primi tedeschi credo siano stati i Tangerine Dreams, ma contemporaneamente ascoltavo Stockhausen e scoprivo Darmstadt.
Trovo affascinante la musica sulle cassette, ascoltare il suono impastato dalle registrazioni di un tempo; e cosi hai fatto, recuperando 4 ore di materiale per far nascere il disco “Scorie”
No, le 4 ore hanno prodotto Burn The Night. Scorie è vinile dell’86. Si, anche questo sembra quasi un processo alchemico. Manipolare i nastri, montarli, pulire le testine, ripristinare una giunta con la taglierina. Visti con gli occhi di oggi sono procedimenti strani, io stesso, quando si è trattato di recuperare quelle registrazioni, ho dovuto ritrovare gesti e procedimenti quasi dimenticati.
Sei un musicista di nicchia, sempre all’avanguardia e alla ricerca di suoni quotidiani che distinguono il nostro quotidiano. Questo stato di “nicchia” non ti fa stare seduto a guardare chi invece vuole per forza diventare famoso?
Diventare famoso è, credo, una fantasia che si fa quando si è giovani e romantici. Dopo uno trova la propria strada, che lo porta al centro o ai margini delle cose. Rispetto chi cerca la fama e il grande successo. Io sono felice di sapere che qualche centinaio o migliaio di persone, in giro per il mondo, considerino valide le mie musiche.
Per un periodo della tua vita hai abitato a Bologna, nel periodo più creativo della città; ricordo molto bene che tutte le forme d’Arte aveva rotto una certa staticità culturale generale, e tu ti sei inserito perfettamente. Come vedi ora l’Arte proposta, in generale?
Mah, mi pare che oggi sia un tempo poco propizio all’arte. O meglio, anche l’arte risente del sistema economico che ci sovrasta. E l’economia non sembra molto interessata all’arte, come si è visto anche durante la pandemia. In più i media – web in primis tendono a svuotare l’arte della sua forza e del suo significato. Insomma, di artisti bravi, originali, giovani ce ne sono parecchi. Bisogna vedere se e come avranno la possibilità di esprimersi.
La tua strada prende quella del teatro sperimentale e di ricerca. Trovo tutto ciò una cosa affascinante! Anche perché in Italia sono quasi proibite certe sperimentazioni…
Guarda, in verità la maggior parte delle collaborazioni le ho avute tra gli ’80 e il 2000 perché, credo, quello è stato l’ultimo periodo di fermento artistico. Poi le occasioni si sono fatte più rare, meno denaro in giro, meno circuito, leggi e politiche sbagliate. Sono stato fortunato a vivere quegli anni così ricchi di occasioni di conoscenza, disordinati e intensi.
Ora sei anche un docente presso l’istituto Antonio Vivaldi di Bolzano, dove insegni informatica musicale. Ci spieghi cosa significa e come si sviluppa il tuo lavoro scolastico?
Molto sinteticamente: insegno a fare musica con il computer. I miei allievi vogliono approfondire la produzione sonora digitale. Chi per comporre sinfonie, chi per produrre techno, chi per confezionare uno spartito digitale. Sono moltissimi i ragazzini che vogliono “produrre”. Alcuni miei allievi, sui 16 anni, pubblicano e hanno collaborazioni con altri musicisti anche stranieri. Tutto si svolge via web con scambi ed elaborazioni di tracce.
Tra i tuoi alunni hai individuato qualcuno che porta avanti le tue idee?
Non ho l’ambizione di questo, quanto di “risvegliarsi” alla curiosità e al gusto per la scoperta, al fissare l’asticella sempre un poco più avanti. Per non fermarsi mai.
Tiziano ti ringrazio moltissimo per questa piccola intervista, anche a nome della rivista SOund36, ti auguro ancora tante nuove ricerche e sperimentazioni che facciano bene all’Arte.
❤️❤️❤️ Ho il dito e il braccio stanco! Buonanotte!!
Intervista e foto: Alessandro Corona