Ormai, lo ammetto, sono diventato un habitué dei concerti di Lynne Hanson e questa volta (la quarta in meno di due anni) l’occasione era ancora più ghiotta. Infatti, allo Spoetnik di Vlissingen – in Olanda – la cantautrice canadese presentava dal vivo il suo nuovo progetto discografico Heartbreak song for the radio, realizzato come The Lynnes insieme alla connazionale Lynn Miles, che è sulla scena dal 1987. Dopo un viaggio per la verità un po’ incasinato, finalmente raggiungo la cittadina del mare del nord e fortunatamente mi posiziono in prima fila per non perdere neanche un’emozione.
Ciò che si percepisce appena salgono sul palco, di fronte ad una sala pressoché piena, è la chimica che le unisce. La Miles ha scritto per la Hanson molti brani nel recente passato e ha prodotto anche un paio dei suoi album, ma ora il salto verso un sodalizio ancora più forte le ha portate a condividere il proprio talento ad un livello superiore. Non sono solo le loro voci a mescolarsi nelle canzoni, ma direi il loro stesso cuore, la loro passione per questo mestiere che in realtà non è un mestiere, ma una vera e propria missione. E i risultati di questa sorta di fusione artistica ho potuto constatarli direttamente sulle mie braccia, visto che in più di un episodio la pelle d’oca è arrivata, come una piacevole scarica elettrica.
Il set parte subito con il nuovo materiale: il singolo/duetto midtempo Receipe for disaster che paragona in modo originale il rapporto di coppia ad una ricetta alla quale sia lui che lei porteranno tutte le loro imperfezioni per un risultato già annunciato come disastroso. Segue la title track cantata da Lynne Hanson che è una morbida ballata malinconica su come una cantautrice riesca a trasferire tutti i suoi sentimenti, direi l’intera relazione con il proprio partner – fatta di alti e bassi emotivi – in una canzone. Non molto diversa nei contenuti il Dark Waltz della Miles che descrive un rapporto di due sposi trascinatosi tristemente fino al capolinea (“There’s no rhme or reason, just one long cold season, one foot then the the other, last dance tragic lovers……) anche se alla fine la colpa non in fondo non è di nessuno (“No one to blame nobody’s fault”).
Nel corso del concerto le due artiste lasceranno spazio anche ad episodi pescati dalle proprie rispettive carriere, ma entrambe hanno optato per un solo disco. La Hanson ha scelto l’ultimo lavoro (Uneven Ground del 2017) dal quale presenta l’incantevole Broken with you, che personalmente considero il suo capolavoro assoluto per intensità, forza ma anche fragilità, la lenta Just for now dedicata al padre scomparso e la blueseggiante Swallow me up nella quale tratta senza mezzi termini il problema dell’alcolismo.
L’album scelto da Lynn Miles è Downpour del 2013 con pezzi bellissimi come More il cui testo potrebbe valere come manifesto per ogni donna che senta di non doversi accontentare e che rivendichi per la propria vita un miglioramento sotto tutti i punti di vista. Moth (falena) invece la trovo in qualche modo unica, soprattutto nel ritornello che non posso fare a meno di riportare “I won’t be the moth, I’ll be the flame…won’t be the track I’ll be the train…I’ll be the needle not the vain if i ever love again”.
Nonostante molti altri pezzi degli di nota, solo per ovvi motivi di sintesi mi limito a citare il bis finale con una Gotta have rain (ancora dal citato Uneven ground) totalmente unplugged, comprese le voci. Lynne Hanson scende in mezzo al pubblico e si piazza in piedi su una sedia e Lynn Miles giù dal palco a farle da contraltare con la chitarra acustica e il suo canto angelico. Pubblico che definire sinceramente colpito è un eufemismo e che esce dalla sala visibilmente emozionato.
Un concerto che penso non dimenticherò facilmente e un disco che, per quanto mi riguarda, al 90% finirà per essere il più bello dell’anno.