Recensioni

Sting – “57TH & 9TH”

Scritto da Marco Restelli

Sting ha deciso di prendere la strada del ritorno e uscire con “57TH & 9TH” e provare un’altra volta l’ebbrezza del mainstream.

Considero Sting un po’ come un vecchio amico avendolo seguito, sin dagli esordi, per tutta la sua lunga carriera.  In verità negli ultimi due lustri l’ho perso un po’ di vista perché, per quanto mi riguarda, è come se avesse preso un aereo e fosse partito per esplorare “terre musicali” un po’ troppo lontane per i miei gusti (i liuti rinascimentali di Songs from the Labirinth nel 2006 e poi i canti del mare del musical The Last Ship nel 2013). In altre parole, quindi, il cantante inglese sembrava aver del tutto abbandonato il dorato continente del pop (Sacred Love del 2003 ne fotografava il suo ultimo atterraggio), così come quello del rock, sul quale mosse i suoi primi passi in compagnia dei Police. Oggi, finalmente, ha deciso di prendere la strada del ritorno e uscire con un disco nuovo dal titolo “57TH & 9TH” e provare un’altra volta l’ebbrezza del mainstream.
Per quanto detto sino ad ora è normale che le mie attese personali su questo album fossero più elevate del solito e si tratta di capire se il nostro le abbia, o meno, soddisfatte. La risposta è solo in parte positiva nel senso che Sting ha scelto la via radiofonica presentando alcuni pezzi sicuramente molto orecchiabili, come il singolo  “I can’t stop thinking about you”, sui quali il suono della chitarra sembra spesso dominare, ma nel complesso non proprio originali e in linea con la sua produzione anni 90. Ci sono degli highlights che vanno segnalati come il pezzo ecologico “One fine day” nel quale l’artista non nasconde i forti dubbi su chi è ottimista sul futuro della terra, climaticamente parlando, e spera che “un giorno” si possa scoprire che tutti gli scienziati che si sono pronunciati in tal senso abbiano effettivamente ragione. Dal punto di vista musicale è comunque un brano molto curato e dalla melodia accattivante. Nella rockeggiante “Petrol head” il ritmo e le chitarre si imbizzarriscono come ai bei tempi mentre nella lenta ballata acustica “Heading South on the Great North Road” a quanto racconta lo stesso Sting, ispirata da una famosa strada fuori Newcastle – il clima è nettamente più calmo e placido.
Il brano più suggestivo del disco, a mio avviso, è l’arabeggiante “Inshallah” (nella versione deluxe, presente anche con un diverso e apprezzabile arrangiamento), scritta mettendosi nei panni di uno dei migliaia di rifugiati che abbandonando la propria terra, sopra i battelli, affrontando viaggi della disperazione, come diseredati, spesso affidandosi solo alla provvidenza divina. L’ex Police ha sempre amato scrivere splendide canzoni (“They dance alone”) con uno sguardo ai temi sociali d’attualità e anche stavolta, devo dire, ha fatto centro.
Anche se, come già accennato, forse mi aspettavo un po’ di più, questo non significa che “50TH & 9TH” non valga la pena di essere ascoltato e magari acquistato. La speranza però è quella di riascoltare il prossimo album pop rock di Sting non più fra 10 anni e magari con un piglio un po’ più innovativo. Staremo a vedere.

About the author

Marco Restelli

Originario di Latina, ma trapiantato ormai stabilmente a Bruxelles. Collaboro con diversi siti musicali. Collezionista di dischi dai primi anni '80, ascolto praticamente ogni tipo di musica, distinguendo solo quella che mi emoziona da tutto il resto.
In progetto: l'attività di promoter di eventi live di artisti emergenti nel Benelux. Sono orgogliosamente cattolico, ma ritengo che la tolleranza sia alla base delle relazioni umane. Se dovessi salvare un solo disco, fra i miei 3500, sceglierei "Older" di George Michael. La mia più grande passione, oltre alla musica: la mia famiglia e i miei tre bambini.

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