Per chi lo segue da tempo non resterà sorpreso, si ritroverà tra le mani il mondo “antico” e prezioso di Stefano Vergani e dell’Orchestrina Acapulco. Per chi non lo conosce scoprirà un universo non nuovissimo, certo, ma a tratti disarmante ed originale a suo modo, in cui far confluire l’eleganza di un America anni ’60 e dei suo fumosi jazz club, l’eleganza francese piuttosto che un calore latino e a tratti, ma solo a tratti, una piazza messicana di sole battente. E parlando dell’Italia cantautorale allora prendiamo un Paolo Conte e un Vinicio Capossela e mescoliamo ben benino mantecando il tutto con quel gusto intimo e notturno di Gianmaria Testa. Giusto se vogliamo attingere a qualche famosa etichetta del genere. Ma una produzione così ricercata e piena di gusto come quella che da anni caratterizza la carriera di Stefano Vergani, direi che avrà di certo altri nomi a cui far riferimento.
Si intitola “Applausi a prescindere” questo nuovo disco, dieci brani, dieci storie. Perché è la forma racconto a prendere vita nelle trame melodiche ed armoniche di Vergani, sempre e comunque le sue storie. E a seguirlo negli anni non siamo di certo davanti ad una sua personale rivoluzione ne davanti ad una rivoluzione discografica.
Personaggi, storie, amori sfiorati tra le file di un’orchestra, la leggera autoironia di se e della vita circostante, l’introspettiva disamina di ciò che siamo attraverso la canzone vista a questo punto come intimo istante in cui mettersi a nudo. Scordiamoci incisi accattivanti da musica leggera italiana, scordiamoci hit radiofoniche o motivetti da fischiettare come a far da contorno a ciò che stiamo facendo. Si richiede sensibilità, sforzo, attenzione e sicuramente quella dose di curiosità che oggi è decisamente passata di moda nell’era del tutto e subito. Un disco maturo, grande per un pubblico grande, ambiziosa crociata alla superficie culturale a cui i media pettinati ci stanno abituando, un disco che starebbe bene su vinile piuttosto che su i-pod, da consumare con una frittura di pesce ed un bicchiere di vino ai margini della spiaggia inondata di turisti che devono esserci a tutti i costi perchè è questo che richiede lo standard – parafrasando il racconto che Vergani ci regala nel brano “Un’estate all’ombra”.
Stefano Vergani non vuole esserci a tutti i costi e di sicuro non vuole esserci in un modo canonico. E non perchè vada di moda andare contro corrente, ma perchè forse la vera rivoluzione è nell’essere se stessi. Questo almeno il messaggio che mi è arrivato tra le righe di un disco che non ha righe banali e commerciali da seguire e che tiene alta la bandiera del buon gusto classico del fare musica in Italia.