Interviste

Simona Molinari, Intervista

Scritto da Claudia Erba

“Io e Raphael Gualazzi ascoltiamo la musica più o meno nello stesso modo”

Cinque album all’attivo e una carriera decennale costellata di collaborazioni importanti- tra gli altri Al Jarreau, Gilberto Gil, Peter Cincotti, Andrea Bocelli, Ornella Vanoni, Lelio Luttazzi, Renzo Arbore, Massimo Ranieri, Fabrizio Bosso, Franco Cerri, Stefano Di Battista, Dado Moroni, Roberto Gatto, Roy Paci e Danny Diaz-la cantautrice e musicista jazz Simona Molinari, dopo il riuscito duetto sanremese con Raphael Gualazzi, prepara la rentrée in grande stile al Blue Note Milano.
L’appuntamento è l’otto e il nove maggio (data, quest’ultima, già sold-out) nello storico jazz club milanese, dove la cantautrice proporrà lo spettacolo live “Sbalzi d’amore”, felice alternanza di narrazione e musica nel segno del sentimento che, per sua ammissione, l’ha costantemente guidata nella sua evoluzione artistica e umana.
Un viaggio dal sapore autobiografico tra standard jazz e composizioni originali, vecchie e nuove, per un’artista che sembra abdicare al rigore filogico a favore di uno spirito ludico-eversivo, convogliando nel suo universo sonoro freschezza mainstream ed eleganza sonora old style.

In “Casa mia” (Warner Music Italia, 2015) reinterpreta, supportata dalla sua Mosca Jazz Band, dal Solis String Quartet e dalla Roma Sinfonietta, alcuni classici del jazz (da ”Smoke gets in your eyes” a “Dream a little dream of me”, da “Every time we say goodbye” e “A tisket a tasket” passando- tra gli altri-per “Puttin’ on the Ritz” e “Mr. Paganini”). Rispetto ai quattro album di inediti è un album più “di nicchia”, anche se la contaminazione e l’ibridazione jazz/pop sembrano caratterizzare anche queste riletture…mi sbaglio?
Non ti sbagli, questo disco voleva avvicinare il mio pubblico ad alcune chicche della musica jazz, volevo provare a rendere pop alcuni standard della musica jazz.

Il suo ultimo singolo, “Maldamore” (Isola degli Artisti, 2018), che anticipa il nuovo lavoro, sembra riproporre, nel brillante mix di charleston e dance, le atmosfere di “Forse” (contenuto nell’album “Tua”, Warner Music 2011). Anche il prossimo album di inediti sarà all’insegna di quel ponte tra mood vintage e nuova modernità che è l’electro swing?
Ci sto lavorando, sì, non vorrei perdere il mio tratto caratteristico ma, al contempo, vorrei che fosse molto vicino al modo di sentire moderno.

Nell’electro-samba “Sampa Milano”, da lei riadattato in italiano, ha duettato con il”tropicalista” Gilberto Gil, autore del brano originario. In “Croce e delizia” (Isola degli Artisti, 2010) è contenuta la bossa nova “Amore a prima vista”, cantata insieme a Ornella Vanoni.
La sua fascinazione per la musica brasiliana potrebbe tradursi, in futuro, in una esplorazione a tutto tondo di quel “bacino incredibile di ritmi e di espressioni che è la musica brasiliana, intesa come musica popolare”? (La definizione è di Patrizia Laquidara)
La musica brasiliana mi attrae ma non farei un disco intero seguendo quel filone. Nei miei prossimi dischi vorrei venissero prima le canzoni; gli arrangiamenti devono essere funzionali alla resa dei brani quindi non vorrei “chiudermi” in un genere.

Qualche suggestione “carioca” è presente anche nella rilettura di “E se domani”, proposta durante l’ultimo Festival di Sanremo in duetto con Raphael Gualazzi e contenuta nel nuovo album dell’artista,“Ho un piano”, appena uscito per Sugar. Al di là della comune estrazione jazzistica cosa la avvicina al pianista e cantautore di “Madness of love“?
Gli ascolti appunto, il modo di intendere la musica. Io credo ci siano più modi per vivere la musica.
C’è chi è più legato al suono, chi è più legato al testo, chi ne coglie il messaggio, chi è interessato al ritmo..credo che io e Raphael ascoltiamo la musica più o meno nello stesso modo. Personalmente sono legata molto al suono, che è un mix di colori usati, armonia, melodia, ritmo.
Se il suono mi incuriosisce allora ascolto il testo, ne colgo il messaggio, mi lascio emozionare e coinvolgere.
Al contrario c’è chi ascolta essenzialmente il testo, o la facilità di riproposizione del tema principale…sono modi diversi di ascoltare.

Di recente ha preso parte allo show televisivo di Filippo Timi “Skianto Sanremo ’67”(con la direzione musicale di Raphael Gualazzi), ispirato al fortunato spettacolo teatrale dell’attore.
Secondo il filosofo Petrosino lo stupore è una forma di risposta a «ciò che ci raggiunge nello splendore del suo apparire»; Filippo Timi fa coincidere il suo “skianto” con lo stupore.
Per una sorta di quadratura del cerchio il francese “éclater”, schiantare, significa scoppiare con rumore ma anche risplendere…
L’esperienza dello schianto, della meraviglia, è ancora centrale, secondo lei, in un mondo che tende ad appiattire la coscienza dell’unicità qualitativa delle cose?
Si, io credo di sì. Per fare spettacolo c’è sempre bisogno dello “schianto”.
Il problema è definire oggi cosa, all’interno di questo schianto, può essere chiamato arte e cosa no.
Per me ad esempio sono esempi di schianto le esibizioni di Achille Lauro a Sanremo o il diverbio tra Bugo e Morgan…sono due esempi diversi di come si possa creare quella sensazione di stupore che piace a chi guarda uno spettacolo e che rimangono impressi nella memoria del pubblico.
Il problema reale è che il pubblico di massa sta sempre più perdendo i codici per comprendere lo schianto che si può creare con le armonie, con la musica e con l’arte e quindi si cerca di creare stupore in altro modo.

Nel 2019 si sfogava così su facebook: “La discografia mi aveva spenta, le regole del mercato discografico, al quale non volevo piegarmi, avevano di fatto consumato la mia creatività.” Una situazione dalla quale, per sua stessa ammissione, è uscita grazie alla sua prima esperienza cinematografica. Può raccontarci qualcosa di inedito a proposito della partecipazione al film di Walter Veltroni “C’è Tempo”?
È stata un’esperienza meravigliosa. Sono stata investita della fiducia di Walter Veltroni (e non è cosa da poco), che mi ha fatto credere di poter recitare e ci ho creduto anche io.
Tra l’altro, per tutta una serie di motivi, questo film è arrivato davvero in un momento molto buio della mia vita artistica. Nel film c’è una scena in cui canto un mio brano inedito: “Parlami”…era diverso tempo che non riuscivo più a scrivere. La scena non esisteva in un primo momento. Durante le riprese cominciai a scrivere questo brano e feci sentire il provino a Walter, che ne fu entusiasta e creò una scena apposita per il brano. Gli devo molto! Da quel momento ho ripreso fiducia nella scrittura.

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Claudia Erba

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