Interviste

Il Silenzio Nelle Mani, Intervista

Scritto da Annalisa Nicastro

La speranza di chi scrive canzoni è sempre quella che possano “risuonare” in chi le ascolta, che possano creare un’emozione

Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Giuseppe e il suo progetto Il Silenzio Nelle Mani. Già dal nome esprime tutta la sua poeticità, sottolineata anche dall’uscita del’EP In Cinque Stretti In Un Furgone fino ad arrivare al video di Padre, girato in stop-motion dallo stesso Giuseppe. Immergetevi anche voi nel suo Mondo e ascoltate il suo progetto.

Giuseppe il tuo progetto musicale “ Il silenzio nelle mani” nasce a Londra un anno fa. Ti sei trasferito lì per un motivo particolare?
Abito a Londra da molti anni, come tanti altri italiani sono venuto qui a cercare quelle possibilità che l’Italia fa fatica a offrire. Nel 2015 inizio a mettere insieme canzoni che avevo scritto da qualche tempo e ne scrivo di nuove, dando vita al progetto Il Silenzio nelle Mani.

A Londra incontri Marco Martini, e cosa succede?
L’incontro con Marco concretizza il progetto, gli piace il mio materiale e decide di curarne la produzione. Di tutti i pezzi avevo già scritto l’arrangiamento, di alcuni è rimasto quasi invariato, ma di altri lo abbiamo cambiato sostanzialmente. Marco ci ha messo un’energia e un’attenzione ai dettagli incredibile, che non mi sarei aspettato per un progetto emergente. Ha un sacco di esperienza, anche con grandi nomi della musica italiana e britannica come George Michael ed Ed Sheeran, e sa davvero quello che fa. Abbiamo impiegato parecchio ad arrivare al risultato finale, passando moltissime ore in studio e, quando non in studio, rimbalzandoci idee via internet (abitiamo in zone diametralmente opposte di Londra!). Quello che ne è uscito mi piace molto, e sembra piaccia anche a chi lo ascolta.

Che cos’è per te “In cinque stretti in un furgone”? Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?
Per il materiale promozionale ho scritto un paio di frasi che credo riassumano bene l’EP: «E’ una collezione d’immagini, di frammenti di vita, di particelle elementari. Dentro c’è un po’ di amarezza, di storie di cui si vorrebbe un finale diverso, di giornate di pioggia londinese. A volte arriva il sole.».
La speranza di chi scrive canzoni è sempre quella che possano “risuonare” in chi le ascolta, che possano creare un’emozione. Dalle reazioni e messaggi che ho ricevuto fin ora sembra che questo accada, soprattutto con alcune canzoni in particolare, come Particella Elementare e Padre, e mi fa ovviamente molto piacere.
Il titolo dell’EP prende il nome da una canzone che alla fine non abbiamo inserito, ma mi piaceva molto perché evoca notti giovanili, viaggi di ritorno in autostrada di notte, di quelli che ci pensi dieci anni dopo e ti dà una botta al cuore. C’è molto di questo nell’EP e quindi ci stava bene.

A seguito dell’uscita del’EP esce anche il primo video “Padre”(che potete vedere qui di seguito, ndr), è girato in stop-motion?
Sì, la tecnica stop-motion è un po’ come i vinili. Ha quel fascino di “vintage” un po’ romantico e in questi ultimi anni sta vivendo una nuova giovinezza, soprattutto qui in UK. Ogni fotogramma è uno scatto fotografico nel quale la posizione dei personaggi e della scenografia vengono modificati, con piccolissimi spostamenti, per creare l’illusione del movimento. Immagina quanti fotogrammi sono necessari per fare un video di più 4 quattro minuti! Ma è un piccolo mondo fantastico, dove il tutto viene realizzato su una superficie non più grande di una normale scrivania. L’ho realizzato io stesso, nel mio piccolo studio ed è stata un’esperienza incredibile. Quando “giri” le scene, è come se fossi tu stesso dentro quel piccolo set di ripresa.
Joshua, il protagonista, è stato realizzato con circa 1500 loom bands, quei piccoli elastici che le ragazzine usano per farsi i braccialetti. Volevo che il protagonista apparisse legato, stretto, incastrato in qualcosa da cui liberarsi (che è il tema della canzone) e questi elastici mi sembra che lo rappresentino bene. La sfida più grande è stata riuscire a dare espressione ad un personaggio senza occhi e bocca, ma credo che questo sia riuscito.

Hai un sogno nel cassetto?
Quel cassetto straripa! Anche se le canzoni si scrivono sempre in momenti molto personali e senza pensare troppo a chi poi le ascolterà, una volta composte si vuole che siano ascoltate da più persone possibili. Mi piacerebbe che questo succedesse sempre di più. Se hai qualcosa da dire vuoi ovviamente che ci sia qualcuno che lo ascolti. Alla fine è come una specie di terapia di gruppo; sapere che quelle cose non sei l’unico a pensarle e a viverle, perché vedi che vengono condivise da chi ascolta le tue canzoni, fa stare meglio te e chi ha provato un’emozione ascoltandole.

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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