Raccontate già le canzoni di Bob Dylan, Bruce Springsteen, Nei Young e via dicendo, sarebbe stato pressoché impossibile per Sound36 non prendere in considerazione uno storyteller dal fascino e la magia di Tom Waits. Nella sua ormai quasi cinquantennale carriera, ha cantato prevalentemente storie commoventi, tristi e malinconiche con uno stile unico ed era quindi naturale per noi proporvi un suo brano blues/jazz (preso da Mule Variations del 1999) che seguisse questo fil rouge dell’intera opera del cantautore americano.
Già il suo titolo The house where nobody lives lascia intuire che non sarà uno di quei pezzi che vien voglia di mettere su a una festa di compleanno. Al contrario, infatti il narratore della canzone ci parla di una casa abbandonata che si trova nel suo stesso isolato. Quando accenna al fatto che la casa è fredda, si tratta in realtà di un piccolo dettaglio che anticipa qualcosa che spiegherà molto meglio successivamente, che andrà ben oltre l’aspetto meramente termico. Ci parla anche delle persone che ci vivevano, che un giorno hanno impacchettato tutto e se ne sono andati per non tornarci mai più. Le finestre rotte regalano un’immagine spettrale, tanto che tutti la chiamano, in modo tanto sintetico quanto inquietante: “la casa dove non ci vive nessuno”.
There’s a house on my block
That’s abandoned and cold
Folks moved out of it a
Long time ago
And they took all their things
And they never came back
Looks like it’s haunted
With the windows all cracked
And everyone call it
The house, the house where
Nobody lives
Il racconto disegna poi immagini nostalgiche del passato, quando il buon umore e la speranza regnavano sovrani fra quelle quattro mura. Ma qualcosa deve essersi rotto fra le persone che l’abitavano. Forse qualcuno ha fatto degli errori imperdonabili e tutto quanto è andato in rovina. E così la casa che cade a pezzi diventa soprattutto la rappresentazione di un fallimento sentimentale.
Once it held laughter
Once it held dreams
Did they throw it away
Did they know what it means
Did someone’s heart break
Or did someone do somebody wrong?
Well the paint was all cracked
It was peeled off of the wood
Papers were stacked on the porch
Where I stood
And the weeds had grown up
Just as high as the door
There were birds in the chimney
And an old chest of drawers
Looks like no one will ever
Come back to the
House were nobody lives
Il narratore allarga quindi il campo e inizia la sua riflessione finale: una casa non è fatta di legno e ciò che la rende bella non è tanto il suo aspetto, ma solo la solidità delle relazioni di chi ci vive dentro, che hanno saputo dar valore a ciò che veramente conta.
La piega che prende il discorso diventa quindi quasi un consiglio a saper curare i rapporti interpersonali, perché se c’è l’amore una casa sarà sempre come una reggia, altrimenti non sarà nient’ altro che una casa dove non ci vive più nessuno.
So if you find someone
Someone to have, someone to hold
Don’t trade it for silver
Don’t trade it for gold
I have all of life’s treasures
And they are fine and they are good
They remind me that houses
Are just made of wood
What makes a house grand
Ain’t the roof or the doors
If there’s love in a house
It’s a palace for sure
Without love…
It ain’t nothin but a house
A house where nobody lives
Without love it ain’t nothin
But a house, a house where
Nobody lives
Tom Waits, come sempre, sa emozionare con una facilità fuori dal comune e questa The house where nobody lives è uno di quegli episodi che ci auguriamo possano far sempre parte del patrimonio (leggasi: riascoltarla ogni tanto giusto per rivivere quelle sensazioni), anche culturale, sia nostro che dei nostri lettori più appassionati.