L’errore più comune che l’ascoltatore medio commette è quello di usare il fosforo lirico come un discriminante nel decidere se un rapper sia capace o meno, svilendo l’incredibile versatilità dell’hip-hop stesso. Vi sono rapper conscious e tecnicamente perfetti, rapper da club, altri più street e unicamente concentrati sull’energia animale del loro output, e infine figure semplicemente nate per intrattenere.
Riff Raff, non per nulla proveniente dal reality show di MTV From G’s To Gents, è uno di questi. Non che non sia capace di rappare – anzi – , semplicemente lo fa senza sottostare ad alcun dettame, neppure ai propri.
Neon Icon non è, alla luce dei brani proposti, nemmeno un disco hip-hop sui generis, ma la sua attitudine totalmente disinteressata e rigettante qualsiasi giudizio esterno ne fa uno dei progetti “più hip-hop” usciti quest’anno.
Dire che Riff Raff è istrionico e sgargiante (nella sua persona e nel suo eloquio) sarebbe usare un eufemismo. L’inventario della sua vera/presunta opulenza ci informa che ha un “letto di marca Versace”, “lacci da scarpa in pitone”, oltre al fatto che si reputa un Gucci Mane leggermente meno abbronzato (oltre che il Danny Glover bianco) e che è capace di entrare in un locale profumando di Miami (?!?!). Il tutto è al margine del ridicolo, estremizzato, quasi Riff fosse volutamente – cosa di cui è stato accusato ripetutamente – una goffa caricatura del tipico rapper egocentrico e materialista. La domanda è: se così fosse, dove starebbe il problema?
Perché i colleghi non sembrano curarsi di questi problemi di forma: nomi come Mac Miller, Childish Gambino, Mike Posner e le leggende texane Slim Thug e Paul Wall passano in rassegna lungo Neon Icon, dando un forte segno di approvazione verso un rapper e entertainer già pubblicamente apprezzato da pezzi da novanta come Wiz Khalifa, Drake e il suo boss, il super producer Diplo. Perché, piaccia o non piaccia, Riff sa come costruire un pezzo solido e godibile, riuscendovi al meglio, per assurdo, quando si spinge fuori dai confini della canonica struttura hip-hop.
“Kokayne” è una fantastica scappatella garage rock la cui energia è impossibile da non assecondare, mentre “Time”, uno dei rari pezzi dove emerge della riflessività a scapito dell’argento vivo, ha invece un intenso sapore country. Ancora più impressionanti sono “VIP Pass To My Heart” e la bonus track “Tropical Vacation”, pezzi che sarebbero tranquillamente entrati in qualsiasi compilation dance nel pieno degli anni ’90: ancor più impressionante è come Riff, con o senza autotune, si cimenti in incisi e strofe melodiche di grande pulizia e delicatezza.
Tuttavia, il vero standout è “Versace Python”, la tanto anticipata collaborazione con Wiz Khalifa, che però, alla fine, vede il solo Riff sulla traccia, a cavalcare la melanconica nebulosità dei synth, cacciando fuori uno dei ritornelli più memorabili del 2014 (“as the days keep turnin’, as the world keeps burnin’/
as my soul keeps learnin’, tears fall from the castles around my heart”), accompagnandovi anche due brevi ma solide strofe (“paperboy, talk noise/now I’m in Chinatown, bok choi/shoulda took a pill, Clamicil/the way I ball and I coulda played for Vanderbilt”).
Alla lunga, la musica riconosce in sé due funzioni essenziali: ispirare e incitare alla riflessione, oppure semplicemente intrattenere e far passare il tempo piacevolmente e in maniera leggera. È forse un peccato rinunciare a qualche esercizio di stile per seguire invece la strada dell’orecchiabilità e della varietà, quando si è già un personaggio che per definizione rifiuta di prendersi sul serio? No, non è affatto peccato. Sarebbe invece un peccato ignorare tutti questi Neon, e rifiutarsi di dare una chance a una scintillante, travolgente, potenziale icona.
Patrizio Corda
Riff Raff – Neon Icon
RiFF RAFF
Neon Icon
Tipo: Album
Label: Mad Decent
Tracce: 17