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Punk-rock anni ’70 e le influenze sul look e lo stile di vita

Scritto da Annalisa Nicastro

Punk-rock anni ’70 e le influenze sul look e lo stile di vita

Solo chi non capisce o non vuole capire non riesce a percepire quale sia stato l’impatto emotivo, culturale ed artistico che il punk rock ha avuto nella società della metà del secolo scorso. Ci troviamo nel dopoguerra nel momento in cui il modello neoliberista comincia a cedere sotto i colpi inferti dai primi profondi segni di un decadimento che erano andati sin lì accentuantisi sotto forma di disparità sociali crescenti. La percezione che un modello di società perfetta sin lì esaltato da un’economia in pieno boom (pensiamo agli anni 60) e da una cultura borghese conservatrice viene avvertita inizialmente dalle fasce di popolazione più giovane, che cominciano ad esternare una sorta di disagio attraverso la musica, la poesia ed il look.

Ci troviamo negli Stati Uniti orientali, ed in particolare nelle zone industriali (anche se sarebbe parlare già di post industriali visto il periodo) di New York e Detroit, oppure ci troviamo nella periferia di Londra. Due aree geografiche apparentemente divise da un oceano che iniziano però a riempirsi dei segni di questo movimento di cui oggi ricordiamo e sentiamo per lo più l’espressione musicale, ma che in quel momento è stato tanto caratterizzato anche dai total look che hanno fatto a loro modo la storia.

Come anticipato c’era una rabbia, un disagio, una voglia di protesta da far emergere, e tra le prime band punk rock anni 60-70 ed i loro fedeli adepti queste emozioni sfociavano fuori anche attraverso l’adozione di indumenti definiti in quel momento grezzi, sporchi. In realtà si tratta di definizioni che non sempre andavano a cogliere nel segno profondo di questi look in cui rientravano sovente riferimenti al vestire delle classi operaie, mischiati ad indumenti tipico borghese come le cravatte e le giacche che però veniva parodiati dallo stile punk rock attraverso l’aggiusta di borchie e spille.

Per capire quanto sia stato stretto quel canale di collegamento che legava il mondo delle produzioni musicale punk rock all’ambito di design creativo che nel frattempo gli si andava creando interno, può essere utile pensare ad un nome: Malcolm McLaren.

Sentito così forse dice poco, eppure quest’uomo ha un grande merito nella storia musicale mondiale in quanto è stato il manager che mischiando feedback, rumore bianco e distorsione alle voci di alcuni straordinari artisti ha creato i Sex Pistols, che insieme a The Damned, The Clash e The Strangers rappresentano le prime e migliori espressioni del punk rock a stelle e strisce.

Ma il nome di Malcolm McLaren compare negli annali musicali anche per un altro motivo. È stato infatti il marito di quella Vivienne Westwood che dagli anni 60 ad oggi ha saputo più di tutti dare una dimensione “fashion” a quello che inizialmente è stato solo un fenomeno musicale.

Di quell’insofferrenza, di quella musica, e dello stile di quegli anni, esistono oggi profonde testimonianze nella cultura giovanile e nello stile di quei teenagers che ancora decidono di votare il proprio look ai canoni del punk rock.

Rispetto a ieri non sono cambiati i trionfi di pelle nera e di borchie; quello che è cambiato semmai è il modo in cui i giovani fanno incetta di questi capi. Non è più necessario infatti girare per i retrobottega dei negozietti di Nothing Hill a Londra per trovarli, ma basta dare un’occhiata su internet per poterli acquistare: molti sono i portali di moda dove sono presenti anche le creazioni in stile punk rock dei grandi marchi.

Pensiamo ad esempio ai minishort di pelle proposti da Versace, o alle felpe colorate con motivi psichedelici da McQ, o ancora ai total look con tanto di stivali in pelle nera lucida di un marchio insospettabile come Chanel, o ancora i riferimenti fetish (un altro grande ambito di ispirazione per la moda punk rock) di Yves Saint Laurent che negli scorsi anni aveva proposto un minidress chiaramente ispirato a lo stile anni 60 in cui la gonna sotto veniva realizzata utilizzando in maniera oculata cinte e fibbie.

Daria Fiori

 

 

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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