“La pazzia è solo un’altra forma di normalità che può generare poesia, quella degli spiriti tempestosi, avvolti dal vortice del loro genio creativo che attinge linfa vitale dal delirio”. Cit. Alda Merini
21 marzo 2024. Sono in macchina e non so perché ma penso ad Alda Merini… penso alla sua poesia, al lirismo della sua vita alla sua forza creativa nel giorno in cui ricorre l’anniversario della sua nascita.
È un caso penso… ascolto i 7 minuti di podcast di Bizzarri, lo faccio sempre andando a lavoro, e così vengo a sapere di Corrispondenze Immaginarie.
Un progetto di arte pubblica dell’artista Mariangela Capossela, cui chiunque può partecipare: è sufficiente comunicare il proprio indirizzo e si riceve una lettera. Non una lettera qualunque, ma una delle lettere che i pazienti degli ex manicomi non ebbero la possibilità di spedire, e che come loro rimasero recluse. Parole sepolte in nessuna memoria che ritrovano un interlocutore e ricevono nuova luce, e con questa la vita.
Prima della legge Basaglia in Italia e nella maggior parte delle strutture europee le persone ricoverate non potevano più avere qualsiasi forma di relazione con il mondo esterno, abitavano esclusivamente il non luogo della struttura e così queste scritture sequestrate restavano solo nelle cartelle cliniche, chiuse in archivi privi di memoria…
Sarà un caso, penso di nuovo… ma oggi è il 21 marzo 2024 e siamo anche nell’anno del centenario della nascita di Basaglia.
Sicura sia un caso?
Penso a questa comunicazione rinnovata – che resterà fuori dallo spazio e dal tempo, proprio come i mittenti dei suoi messaggi-e penso che sia un progetto artistico ma soprattutto possa essere un punto di partenza di una comunità ritrovata, in cui ognuno potrà ritrovare il suo essere sociale… torno alla Merini, torno al primo suo libro che ho letto “L’altra verità. Diario di una diversa”, forse la sua prima prosa e appena ci ripenso arrivano il dolore di alcune parole e il racconto della sua esperienza da internata…
“La malattia mentale non esiste ma esistono gli esaurimenti nervosi, esistono le pene famigliari, la responsabilità dei figli, la fatica di crescerli ed esiste anche la fatica di amare” scriveva…
La vita in quel non luogo, la vita senza tempo, una dimensione sociale completamente slegata rispetto all’esterno ma altrettanto densa di relazioni.
Un mondo chiuso all’esterno ma che ti spalancava dentro…Così la prosa assume in ogni sua parte l’aspetto lirico della poesia e l’esperienza dolorosa in sé diviene viaggio all’interno di se stessi -che da questo derivi poi il termine “internato”?-su sentieri tracciati dal dolore del rifiuto, dalla paura di non riuscire a essere ciò che la società reputa normale dall’assenza di relazioni e di supporto sociale…
Ricordo così l’esame di antropologia culturale, ricordo la professoressa Franca Romano e soprattutto ricordo l’incontro fatto in aula magna con uno de “I folli” – era il titolo del testo in cui ne raccontava le storie-un sopravvissuto: il dolore derivato dall’esperienza fatta era tutto legato alla difficoltà di reinserirsi nel tessuto sociale… sarà un caso…
No, non è un caso mi dico: e allora benvenuto al progetto di Corrispondenze Immaginarie, benvenuto alla comunicazione che dà vita e soprattutto benvenuto alla comunità che si rifà unico luogo per unici individui…
Diverso da chi e diverso perché?