Ad aprile è uscito Caustic love, l’ultimo album di Paolo Nutini, al quale è seguito un tour di promozione internazionale. Ad accompagnarlo sul palco una band numerosa: chitarra, basso, tastiere, tre ottoni, batteria e una corista.
Il concerto inizia con Scream (Funk my life up) per poi proseguire con una scaletta equilibrata se pur di poco spostata verso i brani del nuovo album, con i vecchi, invece, riarrangiati appositamente per il tour.
Sul palco Nutini è statico, preferisce restare al suo posto, si concede qualche passo con la chitarra in mano, ma non molto. L’illuminazione del suo spot merita una nota di riguardo: spesso le luci lasciano a desiderare, questa volta invece, coincidenza o meno, sembrano essere un tutt’uno con la musica; il pathos creato dalle melodie ma soprattutto dalla voce graffiante del cantante scozzese è portato in enfasi da lame di luce che lo sfiorano appena, dando vita giochi d’ombre che rendono lo show piacevole anche da guardare oltre che da ascoltare. Lo stesso vale per il background del palco, una gigantografia dell’artwork di Caustic Love, anch’esso magistralmente illuminato.
Per pochi brani il cantante scozzese si cimenta anche alle tastiere oltre all’immancabile chitarra acustica. Il momento acustico è il più toccante della serata: Nutini dedica al pubblico italiano “Caruso” alla quale l’Ippodromo risponde cantando emozionato, il brano sfuma, giusto il tempo di prendere fiato, ed ecco Candy, ad accoglierla un vero e proprio boato.
Dopo una breve pausa, si finisce con Last request, rigorosamente in acustico: un’unica grande voce che unisce tutto l’Ippodromo quasi sovrasta quella di Nutini, ultimo picco di emozioni di una serata in cui bastava guardarsi intorno per scorgere occhi lucidi se non in lacrime. Il parterre si svuota, ma le sensazione che si percepisce è quella di un pubblico mai sazio, che ne avrebbe voluto ancora, nonostante le quasi due ore di concerto.
Giacomo Fierro