Recensioni

Oumou Sangaré – Timbuktu

Scritto da Giovanna Musolino

Ho messo la mia vita in questo disco, tutta la mia vita, questa vita in cui ho conosciuto la fame, l’umiliazione della povertà e della paura, e da cui oggi traggo gloria”

Innumerevoli sono le libere associazioni che ci attraversano la mente alla parola Africa: gli orizzonti sconfinati, i nostri progenitori, la Grande Migrazione, la ricchezza di culture e di paesaggi, la povertà economica da cui è attanagliata dal secolare sfruttamento occidentale, la varietà e la complessità musicale. Questa pluralità sonora trova eccellente rappresentazione in Timbuktu, nono album di Oumou Sangaré.
Originaria del Mali, sulle scene da più di trenta anni, è una delle voci più belle e profonde del panorama musicale internazionale. Grazie al suo costante impegno sociale e alle sue battaglie per i diritti delle donne le sono stati attribuite importantissime onorificenze come Ambasciatrice della FAO, Comandante dell’Ordine nazionale del Mali, Chevalier della cultura in Francia.
La genesi di Timbuktu risale all’inizio della pandemia. Rimasta bloccata negli Stai Uniti a causa del lockdown Oumou ha avuto, finalmente, molto tempo a disposizione per comporre le sue canzoni, con l’aiuto di un vecchio amico, Mamadou Sidibé, un musicista suonatore di kamele n’goni (liuto tradizionale), suo collaboratore sin dagli esordi. Nascono così dieci degli undici brani che compongono il disco.
“Dal 1990, non ho mai avuto la possibilità di isolarmi e dedicarmi esclusivamente alla musica”, ha dichiarato Oumou, “Credo che questo lo si possa ascoltare sia nella musica, sia nei testi che sono frutto di tutti quei momenti in cui ho potuto ritirarmi in me stessa e meditare”. L’album è profondamente ispirato: generi e stili musicali si incontrano, dialogano e si fondono; profuma di tradizione, ma è senza tempo; rimanda a sonorità africane, ma è senza confini.
Omou Sangaré è fra le principali esponenti del Wassoulou un genere musicale da cui deriverebbe il Blues; il Wassoulou è anche una regione al confine tra Mali, Costa D’Avorio e Guinea, un luogo in cui convivono culture diverse.
Wassulu Don, il brano d’apertura, compendia perfettamente la ricchezza e la complessità dell’intero disco: echi blues e ritmo sostenuto a far da tappeto alla voce melodiosa dell’artista, che canta orgogliosamente i traguardi raggiunti dalla gente del Wassulu, un luogo dove regnano l’ospitalità e la gioia di vivere.
La title track celebra la grandezza di una città circonfusa di mito, culla del sapere ed esorta i Maliani a ritrovare quello spirito.
Demissimw è un invito accorato, alle autorità, alle madri e a tutte le istituzioni del mondo, a prendersi cura dei bambini, a garantire loro un’infanzia serena.
Kêlê Magni condanna la guerra, autentico flagello che infuria in tutta l’Africa.
Le canzoni vibrano di intensità; alcune (Sabou Dogoné, Dili Oumou) sono intrise di una lieve ma insinuante malinconia, con la voce dell’artista che, con delicatezza, ci culla come in una dolce e dolente nenia.
“La musica è dentro di me”, dichiara Oumou, “Senza di essa non sono niente e niente può portarmela via! Ho messo la mia vita in questo disco, tutta la mia vita, questa vita in cui ho conosciuto la fame, l’umiliazione della povertà e della paura, e da cui oggi traggo gloria”.
Disco riuscito appieno, traboccante di bellezza rara, profonda e commovente.

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Giovanna Musolino

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