Interviste

Ottavia Brown, Intervista

Le Radium Girls, le donne operaie morte tragicamente assimilando il radio, ingannate dalla compagnia industriale per la quale lavoravano, la notte brillavano e continuano a farlo ancora oggi

E’ uscito il 10 aprile Signora Nessuno, nuovo album della cantautrice e illustratrice Ottavia Brown per l’etichetta UMA Records. In questa intervista andremo a scoprire ed analizzare alcune sfaccettature di questo interessantissimo lavoro.

Partiamo dal titolo scelto per il tuo nuovo album, “Signora Nessuno”
Dare il titolo ad un album è sempre un’operazione delicata. Paradossalmente è un po’ come dare il nome ad un figlio, nel senso che è una scelta che dovrebbe racchiudere in un’unica parola l’anima del prodotto artistico. Di solito, però, mi piace dare il titolo all’album utilizzando il nome di un brano contenuto all’interno del disco stesso. “Signora Nessuno” è il titolo della prima traccia ed è stata selezionata proprio per rafforzare l’idea di quante persone, con storie incredibili e poco conosciute, esistono e come queste persone siano nell’ombra o nel dimenticatoio. Mi piace pensare che siamo tutte/tutti “signore o signori nessuno” finché la nostra storia non viene svelata. Questo anonimato ci rende tutti uguali nell’infinità delle nostre esistenze, un po’ come ci ha insegnato Pirandello.

Che differenze ed affinità riscontriamo facendo un confronto con il tuo disco d’esordio “Infondo”?
“Infondo” e “Signora Nessuno” sono due lavori così simili, ma allo stesso tempo così diversi. Simili perché alla base c’è sempre l’indagine, da parte del testo e della musica, verso la scoperta delle paure e dei sentimenti più difficili da inquadrare. Diversi, invece, per quanto riguarda la tessitura musicale che, nonostante entrambi i lavori contengano un’anima vintage, i suoni del primo sono più legati al genere (Blues, Swing e Jazz), mentre nel secondo sono molto più liberi e contaminati dal Rock. Se dovessi dare una definizione direi che “Infondo” è una favola e “Signora Nessuno” un romanzo gotico.

C’è un punto d’incontro tra la tua carriera di musicista e quella di illustratrice?
Il punto d’incontro tra illustrazione e musica l’ho creato proprio attraverso la scrittura del primo album. Scrivendo musica inedita mi è venuto naturale disegnare mentre componevo. In quel momento capii che il disegno e la musica erano inseparabili perché ognuno completava l’altro senza prevalere, anzi si arricchivano con colori, suoni, ambienti e immagini.

Nel singolo “Non solo le stelle brillano” racconti la vicenda delle cosiddette Radium Girls, operaie avvelenate dalla vernice che utilizzavano al lavoro. Com’è nata questa dedica?
Tante delle storie di “Signora Nessuno” sono nate leggendo per caso. Per quanto riguarda “Non solo le stelle brillano”, Andrea, il mio compagno e chitarrista, trovò questa storia intensa e affascinante su internet e pensò che fosse proprio una storia adatta a me. Leggendo e documentandoci, abbiamo scoperto la potenza narrativa dell’esperienza delle Radium Girls, non solo dal punto di vista dell’ingiustizia sociale e dell’emancipazione femminile, ma anche assaporandone la violenza poetica che si nascondeva dietro questa storia. Le determinate donne operaie morte tragicamente assimilando il radio, ingannate dalla compagnia industriale per la quale lavoravano, la notte brillavano e continuano a farlo ancora oggi.

Altro personaggio chiave di “Signora Nessuno” è Mary Shelley protagonista di “Mary Non C’è”. Che influenze ha avuto su di te questa importante scrittrice?
Mary Shelley è un personaggio chiave della mia cultura in generale, nonostante rimanga un po’ nell’ombra rispetto ad altre scrittrici, forse per la tematiche che non arrivano subito chiare al lettore. Studiandola a fondo si può apprendere come abbia rivoluzionato la scrittura femminile in un periodo dove solo l’artista uomo poteva esprimersi, riconosciuto dai media e dagli editori. “Frankestein” è un’opera complessa e a tratti filosofica, dove Mary indaga in profondità non solo sui limiti della morale conosciuta al tempo, ma va ad approfondire una delle paure più grandi per l’uomo, ovvero l’abbandono. Mary è un esempio di coraggio artistico immenso: non compiaceva le mode, scegliendo tematiche forzate, ma andava oltre, dove il cuore davvero porta.

Nel 2016 hai partecipato a The Voice Of Italy. Ti chiedo, a tal proposito, in che modo quell’esperienza ha cambiato la tua visione della musica e, restando in argomento, vorrei un tuo giudizio sui talent in generale.
La partecipazione al talent è stata un’esperienza fortissima: ho vissuto, da dietro le quinte, la macchina di un vero show televisivo, che ha poco a vedere con la realtà musicale che vivo ogni giorno nel mio quotidiano. Quello che colpisce subito di questo mondo è in primis l’assoluto livello di preparazione di tutte le figure presenti che lavoravano in modo coordinato per far si che il programma funzioni a dovere. È un’esperienza che porterò sempre con me e che giudico in maniera positiva perché è stata una sfida e anche una grande soddisfazione essere stata selezionata tra migliaia di persone.
Se ha cambiato il mio modo di vedere la musica? Diciamo che far parte, anche se per poco, del mondo televisivo ti cambia in qualche modo, anche perché di colpo tutti ti cercano, migliaia di persone s’interessano a te.
È stato strano, soprattutto all’inizio, ed inevitabilmente un artista finisce per dar peso più all’aspetto mediatico della sua musica che al contenuto della stessa, perché è sul quello che l’industria musicale di quel settore punta e l’artista non vuole farsi trovare impreparato.
Ci sono passata, ma è durato pochissimo perché devo dire onestamente che non riesco a cantare o scrivere musiche precostruite, mondi ai quali sento di non appartenere anche se è stato bello visitarli.

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Giovanni Panebianco

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