De “La prossima volta saremo felici”, la raccolta completa dei racconti di Oliviero Malaspina in uscita il 27 ottobre per Galata Edizioni, l’autore dice: “Ogni parola è scritta come fosse l’ultimo gesto fatto al mondo”.
Ed è proprio il senso di necessarietà, che nasce da un’ impellenza comunicativa dalle molteplici declinazioni (poesia, prosa, musica), la cifra più caratterizzante dell’universo artistico di Oliviero Malaspina, cantautore, scrittore e poeta in bilico tra cielo e cemento, anatema e benedizione. Uterino e levigato nello stesso tempo, ermetico-quasi cabalistico- con inserti di truce evidenza; nichilista speranzoso, nonostante tutto, in un salpare nuovo- perché tristezza fa rima con speranza-; cantore di una strada che ammala e guarisce, come i caruggi genovesi dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi o la stupenda e misera città pasoliniana, perché l’arte germina nell’autenticità della vita nuda, riscattando il dolore feroce delle minoranze incendiate alle quattro croci cardinali. Realtà e trasfigurazione convergono nel songwriting di Malaspina, che affianca a linee melodiche più tradizionali aperture elettroniche e arrangiamenti di stampo rock, intessendo il suo discorso autoriale di profezie polivalenti e invocazioni laiche, precipizi esistenziali e salvifici bagliori di futuro.
Lei sembra cantare un randagismo esistenziale, sospeso-per citare Max Manfredi-tra virtù e degrado. Nella sua poetica degli ultimi la possibilità di redenzione per quelle minoranze che bruciano ai quattro orizzonti del mondo coincide con il caos vitalistico della dimensione artistica?
Certo. La musica stessa è un fatto polisemico che contempla la redenzione esistenziale. Laddove per redenzione si intende pace interiore, scelta corrotta ma incorruttibile.
Intendo come una specie di destino parallelo che, scaraventato fuori dalla porta del potere, rientra dalla finestra per essere schiaffo al potere. E il potere stesso è inteso in ogni sua sembianza e trasformazione. Il potere non riesce a controllare i cosiddetti ultimi, per questo i grandi capi dell’organizzazione mondiale hanno messo in atto la politica dei pochi ricchi e tutti poveri. In modo di poter avere il controllo reale, in tempo reale, sull’umanità.
“Poi diedero la parola agli innocenti, e il silenzio fu terrificante”. (Poi, Malaspina,Hydra Music/Lupo Editore, 2014). Le autoassoluzioni sono sempre ipocriti tentativi di rassicurazione, come nella deandreaiana Canzone del maggio?
Decisamente sì. Chi si autoassolve si consegna alla morte morale. E chi assolve, acquisendo il potere del perdono si imbastardisce come chi viene perdonato. E’ un triste gioco di vittime e carnefici che produce solo vuoto.
Nella sua prosa si trovano spesso termini ascrivibili alla religione: miracoli, benedizioni, consacrazioni, invocazioni di un Signore dei naufragi, degli innocenti, dei mari, del semibuio, smisurate preghiere (Quasi tutti hanno pregato almeno un giorno nella vita, per la vita degli altri, per la loro stessa vita…), genuflessioni laiche e atti di dolore. La sua è una religiosità anti-dogmatica, un’anarchia religiosa?
Io ritengo i dogmi religiosi e le religioni monoteiste un fallimento già in partenza. Nessun profeta ha scritto di uccidere chi la pensava diversamente. Gli uomini per ricchezza e potere hanno riscritto testi che giustificassero ogni violenza e barbarie perpetrata. La terminologia che lei cita, sempre ha valore di metafora o di significante più che di significato. Ne godo del suono che riverbera sopra la musica. Poi tendenzialmente, come Faber, resto un “cristologo”. Non per caso ho relazionato una tesi di Laurea all’Università degli studi di Pavia, dal titolo “ La cristologia in Fabrizio De Andrè”. Parlare di anarchia oggi è un po’ come bestemmiare. Non scherziamo, anarchici con American Express…o omologhe carte…
In E dell’infinito fine, scritta con Giuseppe Cristaldi, canta l’amore è morto (virgola), l’amore è morto (punto). Quando la merda avrà un valore noi nasceremo senza culo. Giuseppe Cristaldi, Antonio Moresco e il sassarese Gianni Tetti- accomunati tra l’altro dalla compenetrazione omerica di verso, prosa e musicalità -sono forse, tra gli scrittori contemporanei, quelli che ci hanno regalato gli affreschi più feroci e nel contempo visionari di un’umanità alla deriva…Da poeta e narratore, cosa ne pensa?
Ne penso un gran bene. Sono tra i miei preferiti. Con Giuseppe abbiamo lavorato parecchio insieme, ci vogliamo bene fraternamente, c’è stima e rispetto. Lo dico da uomo, da poeta, da scrittore, uscirà il mio libro per Galata Edizioni, “La prossima volta saremo felici”, il 27 Ottobre.
Sono note le sue collaborazioni con Cristiano e Fabrizio De Andrè. A me sembra che negli anni si stia perpetuando una sorta di equivoco transferenziale collettivo, che rende difficile-in un gioco inconscio di proiezioni e sovrapposizioni- capire dove finisca il padre e inizi il figlio…A pochi giorni dall’uscita di De André canta De André Vol. III lei che ne pensa?
Io penso –e l’ho scritto nella prefazione “Lettera dalla notte” a La Versione di C.(Mondadori,2016)-che ho sempre visto Cristiano e Fabrizio più come due gemelli che come figlio e padre. Avendo lavorato e vissuto con entrambi ho un buon polso. Loro a volte si “spiavano” come solo i gemelli fanno. Avrei molti aneddoti in merito ma me li tengo per il mio libro su Fabrizio se non le dispiace.
In ogni caso, Cristiano non è il continuum di Faber, come Faber non è il maestro di Cris. E’ netta la superiorità musicale di Cristiano, tecnicamente, quanto quella testuale di Faber su Cris.
Lei ha cofirmato il testo di Sarò sarai e firmato quello di Zuccherino Dolce di Raphael Gualazzi, che ha notoriamente una forte attitudine all’ibridazione tra generi. Cosa pensa dell’estetica, prettamente post-moderna-della contaminazione?
Guardi, io sono stato praticamente il “tutor” di Gualazzi, cotto e mangiato fino alla consegna alla Caselli tramite Peer music Italy. Ci sono inediti molto belli non ancora usati. Io ho firmato tutto.
In Italia manca la cultura dei crediti. Anche la riconoscenza spesso. Ma va bene così. Siamo un popolo totalmente decerebrato e delegittimato ad arrogarsi diritti. Della contaminazione musicale cosa vuole che pensi…se è fatta bene è un miracolo, se è fatta male una gastroscopia.