Nico Sambo, livornese classe 1979, musicista e polistrumentista presenta “Ognisogno” il suo quarto album. Nico ci porta a fantasticare ad occhi aperti e ad immaginare i luoghi, le storie e le visioni che lui stesso racconta. E’ un cantautore la cui originalità va tenuta sott’occhio. Ecco la bella chiacchierata che abbiamo fatto con lui.
Ciao Nico, cosa rappresenta per te Ognisogno, il tuo nuovo album?
Al di là del significato dei testi e del loro filo conduttore, circoscrive un periodo tra il 2014 e il 2015. Sentirlo mi riporta a due anni fa, ai viaggi nei quali ho ripreso i field recording che poi ho inserito nelle canzoni, mi ricorda quindi l’India, il Cile, Atene. Mi riporta poi allo studio di registrazione con tutti gli altri amici e musicisti e alle sensazioni di quando scrivevo i pezzi. È una specie di fotografia, solo che si ascolta anche.
Le parole emblematiche del tuo nuovo lavoro potrebbero essere “Sogno” e “Viaggio”?
“Ti ho incontrata dentro a un sogno”, da questi versi mi è venuto in mente il titolo “Ognisogno”, che però non si esaurisce a quel significato di “sogno” ma lo estende all’”aspirazione”. La parola “viaggio” s’inserisce in questa seconda accezione di “sogno”, quella vicina al desiderio conscio. E allora si viaggia in America, in Medioriente, in Europa, sulla transiberiana per poi tornare a Livorno. Questo dà anche una sorta di continuità con l’album precedente (“Argonauta”) che parlava proprio di un viaggio attraverso mondi e personaggi immaginari.
In Ognisogno c’è qualcosa di differente dai tuoi precedenti lavori? Nel sound?
È molto diverso. L’ossatura del sound e degli arrangiamenti è il pianoforte mentre negli album precedenti era l’elettronica. È un sound naturale, non ci sono sintetizzatori o drum machine, ci sono principalmente pianoforte, basso, chitarra, batteria e field recording. Fondamentalmente il cambiamento è dovuto alla voglia di fare altro rispetto agli album precedenti.
Ci sono anche molti rumori e voci presi in giro per il Mondo e trasferiti qui…
Sì, ci sono i field recording. Quando vado in giro, se sento qualcosa che mi colpisce la registro. Il disco è disseminato di rumori e voci ripresi in strade, mercati, musei, appartamenti, stazioni della metro in diverse città come Parigi, Santiago del Cile, Atene, Varanasi, l’isola di Ko Samui e Livorno. Inseriti in queste canzoni danno un tocco di “estraneità”, sporcano l’“atmosfera” di un brano o la esaltano a seconda dell’utilizzo. E poi richiamano il “viaggio”, che tu accennavi prima.
Ognisogno si avvale della collaborazione di Lucio Tirinnanzi, ha scritto lui tutti i testi?
Lucio ha scritto cinque testi su sette, gli altri due sono miei. È una collaborazione che prosegue dall’album precedente, “Argonauta”. Mi piace molto come scrive e ci conosciamo da tanti anni, quindi riesce sempre a trovare dei temi che mi stimolano e m’interessano. Altrimenti sarebbe difficilissimo cantare un testo scritto da un’altra persona.
Nelle canzoni dell’album sentiamo forte Livorno, cosa ti ha dato questa città? E musicalmente parlando?
Mi ha dato un sacco di persone che continuo a frequentare, il Romito dove vado a fare il bagno in mare e una passione per chi sa “sdrammatizzare” e ”esorcizzare” senza sminuire. È una città che sa essere viva, vivace, calorosa e stimolante, anche se sa essere l’esatto contrario di quello che ho detto. Musicalmente parlando è vivissima ed ha partorito artisti con delle caratteristiche molto forti e che per me sono dei punti di riferimento. In particolare ne cito tre perché spesso hanno in comune proprio il bisogno di raccontare questa città. Sono Piero Ciampi, Bobo Rondelli e i Virginiana Miller.