Seguo Niccolò Polimeno dal 2013 quando scrissi la recensione del suo album d’esordio The Gioconda Smile prodotto da Marco Tansini per la Tanzan Music, etichetta del bravissimo Mario Percudani. Si trattava di un disco in inglese che aveva il pregio di evidenziare tutte le qualità di questo giovane talento di Milano che, alla chitarra, è capace di virtuosismi da grande musicista (non è un caso se in qualche clip su You Tube potreste vederlo occasionalmente sul palco con Eugenio Finardi). Blues e pop si mischiavano in un mix interessante fatto di melodia e assoli elettrici e, anche se solo in parte, anche l’anima acustica aveva trovato il proprio spazio.
Oggi a quattro anni di distanza Niccolò è cresciuto sia come persona sia come artista e ha deciso si intraprendere una via diversa per promuovere, per ora solo in formato digitale, la sua musica. Ha concepito un progetto dal titolo Acustrano, che prevede l’uscita di tre singoli a distanza di un mese l’uno dall’altro (a cominciare dal 10 aprile), in modo da lasciare il tempo al pubblico di apprezzare meglio le varie canzoni, approfondendone di volta in volta la conoscenza. L’operazione è in qualche modo paragonabile a quella che a messo in piedi John Mayer – al quale tra l’altro Polimeno somiglia tecnicamente – per il lancio del suo nuovo LP The search for everything che dal gennaio scorso sta uscendo, mensilmente, a ondate di 4/5 pezzi per volta.
Il primo brano pubblicato dal cantautore italiano è proprio quello che dà il titolo all’EP e riprende quella vena intimista che, come detto, nel precedente disco aveva trovato appena un accenno. L’ulteriore passo, che a mio avviso dimostra la consapevolezza di una più solida maturità artistica, è stato quello di puntare sulla lingua italiana con la quale gli è verosimilmente più facile comunicare e tradurre i propri sentimenti, rispetto a quello che lo circonda. Anche il video che accompagna questo “episodio lancio” è fedele a questo approccio che potremmo definire più folk. Quanto al testo, lo definirei tendenzialmente onirico (“resto qui come l’appeso, o son gli altri a testa in giù) ed ermetico, ma lascia trasparire alcune sensazioni e percezioni che evidentemente stavano a cuore a Niccolò Polimeno. Sullo sfondo si intuisce che si tratta, tra l’altro, anche dell’amore e della relazione con una donna, ma il tutto resta sullo sfondo, un po’ come in un sogno appunto. Anche se non ancora pubblicati, ho avuto modo di ascoltare in anteprima anche Silenzi e musica e 1000 sogni (rispettivamente capitolo 2 e 3 di Acustrano) che, con i loro riverberi elettrici che si aggiungono alla base acustica, ricordano un po’ il mai troppo apprezzato Bon Iver. Veramente notevoli.
Il tutto conferma che al già buon livello del suo primo disco si è aggiunta una cura particolare sulla bella voce dell’autore e sul potenziale “emozionale” delle tracce e, a questo punto, è legittimo auspicare che i vari “canali” (purtroppo ancora troppo pochi) che danno un po’ di spazio alla musica emergente italiana si accorgano di artisti capaci di trasmettere emozioni e di proporre qualcosa di realmente interessante.