Un palcoscenico senza tempo
La notte del 4 agosto, il Parco Archeologico di Scolacium (Borgia, CZ) si è trasformato in un luogo sospeso tra storia e musica. In questo scenario di rara suggestione si è svolto un evento speciale, che ha visto salire sul palco tre artisti straordinari: Paolo Fresu, Richard Galliano e Jan Lundgren che hanno illuminato una tappa della XXV edizione di Armonie d’Arte Festival, la rassegna ideata e diretta da Chiara Giordano.
Mare Nostrum IV: un viaggio lungo vent’anni
Il concerto, intitolato Mare Nostrum IV”, è il frutto di un progetto artistico che unisce i tre musicisti da quasi due decenni. Con Fresu alla tromba e al flicorno, Galliano alla fisarmonica e all’accordina, e Lundgren al pianoforte, il trio ha costruito nel tempo un’identità sonora riconoscibile, raffinata, profonda. Questo quarto capitolo discografico conferma un sodalizio artistico tra i più solidi e ispirati del panorama europeo.
Musica che attraversa confini
Lo spettacolo è stato una vera e propria esplorazione sonora. Un dialogo tra improvvisazioni, melodie sofisticate e repertori che si muovono tra culture diverse. La musica ha abbracciato nord e sud d’Europa, mescolando suggestioni classiche e popolari, attraversando la tradizione mediterranea così come quella italiana, francese e scandinava.
Storie in musica
Ad aprire la serata, il brano “Mare Nostrum”, simbolo dell’intero progetto. Da quel momento, il pubblico è stato guidato in un racconto in note che ha toccato brani come “Man in the Fog” e “Lullaby for Two”, passando per il folclore scandinavo evocato da Lundgren. Galliano ha offerto momenti di grande tenerezza con brani dedicati agli affetti e ai luoghi più cari – “Lili”, “Giselle”, “Belle-Île-En-Mer” – mentre Fresu ha portato in scena riflessioni intime e poetiche con *“Hope”, “Pavese” e “Life”.
Un respiro condiviso
La serata ha preso la forma di un respiro collettivo. Musica e pubblico si sono mossi insieme, in un’alternanza di immersioni profonde e sospensioni leggere. Un fluire quasi corporeo, in cui ciascuno ha potuto ritrovarsi, lasciandosi attraversare da emozioni capaci di toccare corpo e anima.
La forza di un messaggio
Tra i momenti più intensi, l’esecuzione di *“Khânemân”*, brano dell’artista iraniana Mahsa Vahdat, che Paolo Fresu ha dedicato “alla libertà di tutte le donne del mondo”. Un gesto forte e necessario, che ha ricordato quanto la musica possa essere anche veicolo di lotta e consapevolezza.
Monteverdi e l’eco del barocco
Non è mancata la sorpresa: una toccante rilettura di *“Sì dolce è’l tormento”*, madrigale di Claudio Monteverdi. L’antico si è fuso con il contemporaneo in una interpretazione viva, capace di attualizzare l’eleganza barocca con il linguaggio del presente.
Un ponte tra culture e tempi
Fresu, Galliano e Lundgren hanno costruito un ponte sonoro tra epoche e luoghi. Jazz, tango, accenti vintage e influenze etniche si sono amalgamati in un’unica voce, volta ad affrontare temi profondi come la navigazione, la frontiera, la ricerca di nuovi orizzonti. La loro alchimia ha reso tangibile una visione musicale che è anche visione del mondo.
L’anima del Festival
Tutto questo si inserisce perfettamente nella filosofia di *Armonie d’Arte Festival*, che da anni lavora intorno al macrotema “Nuove Rotte Mediterranee”, declinato quest’anno nella dimensione dei “Transiti”. Una rassegna che non si limita a offrire spettacolo, ma che cerca di essere un luogo di pensiero, di scambio, di rigenerazione culturale.
Il messaggio di Chiara Giordano è chiaro: l’arte può essere una bussola per orientarsi nel nostro tempo. Può spingerci a immaginare un futuro fatto di sinergie, dove le differenze si trasformano in ricchezza. E la musica, con la sua potenza evocativa e inclusiva, può indicare la rotta da seguire.
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