L’Importanza di Essere Morrissey è un libro edito da ISBN formato da ventotto conversazioni che coprono un arco temporale che va dal 1983 fino ai giorni nostri.
Gli Smiths, gruppo storico inglese di cui Morrissey è stato il leader, fanno la loro comparsa sulla scena musicale nel settembre del 1982. In un’epoca in cui regnano incontrastati i sintetizzatori, il gruppo si distingue subito grazie alla chitarra di Marr e la voce lamentosa di Morrissey. In breve raggiungono il successo e conquistano un nutrito gruppo di fan, quel pubblico di nicchia che li farà entrare di diritto nella storia della musica rock.
Morrissey fa la sua comparsa con camicioni femminili oversize e collanine colorate, getta fiori durante le sue esibizioni, e si presenta in televisione con un’improbabile e quanto mai inutile cornetta acustica.
Se per molti Morrissey è un poeta, l’unico in grado di esprimere e capire il disagio esistenziale che accompagna soprattutto il periodo dell’adolescenza, per molti altri è semplicemente un mistificatore, un personaggio costruito a tavolino.
Per lungo tempo, soprattutto all’inizio, gli viene affibbiato il ruolo del depresso per via dei testi delle canzoni impregnati di tristezza e malinconia.
Le ventotto interviste raccolte da Woods, ripercorrono la vita artistica di Morrissey, dagli esordi nei sobborghi di Manchester ai successi in Inghilterra e oltreoceano, dallo scioglimento della band alla rinascita come solista.
È facile intuire l’enorme interesse che questo artista riesce a suscitare grazie alla sua vivace intelligenza, alle sue stranezze e alla sua sagace ironia. Ma allora chi è veramente Morrissey?
Questo sembra essere il fil rouge che unisce le varie interviste selezionate, la voglia di capire/scoprire chi si nasconda dietro l’artista Morrissey.
Steven Patrick Morrissey nasce nei sobborghi di Manchester da una famiglia operaia di origine irlandese, cresce quindi in un contesto popolare dove più che il cibo mancano i sogni e la speranza che la propria vita possa cambiare. Steven però è un ragazzo diverso, fin da piccolo coltiva la passione per la scrittura e l’amore per la musica, che lo porteranno prima a tentare senza successo la carriera da giornalista, e in seguito a divenire un paroliere nonché cantante e leader degli Smiths. Amante di James Dean e Oscar Wilde, rifiuta costantemente l’idea che il lavoro sia il modo per dare valore alla propria esistenza, contestatore della chiesa cattolica, il cui unico scopo è tenere a bada la classe operaia, ma anche terribilmente critico nei confronti della monarchia inglese, come dimenticare il terzo album The Queen is Dead, stranota la sua insofferenza per l’ipocrisia dello star system, nazionalista tacciato di essere razzista, Morrissey si disvela senza troppe ipocrisie davanti al giornalista di turno ma lascia indubbiamente quest’ultimo, e conseguentemente il lettore, con la strana sensazione che nessuno saprà mai quanto ci sia del vero Steven in Morrissey.
Ventotto conversazioni con il leader degli Smiths
A cura di: Paul A. Woods
Traduzione: Giuseppe Marano
352 pag. 27.00 EURO[/box]