Il gruppo ligure dei Les Trois Tetons ha compiuto i vent’anni di attività e già dagli inizi quello che più li contraddistingueva era una forte passione per il Rock’n’Roll più puro! Quest’anno sono tornati con il quarto album “Songs About Lou” e SOund36 li ha intervistati per conoscerli meglio.
Les Trois Tetons sono presenti sulla scena musicale da vent’anni, quali sono le cose più importanti che sono cambiate per voi?
Il cambiamento più importante è stato senz’altro la svolta avvenuta dopo circa dieci anni, quando abbiamo cominciato a scrivere musica nostra e a incidere i nostri dischi, inizialmente sembrava impensabile, ma ora che siamo arrivati al quarto e abbiamo avuto parecchie soddisfazioni abbiamo capito che è stata la scelta decisiva.
Qual è la vostra di idea di Rock’n’Roll? Il sound che più vi piace suonare?
Ci piace una certa spontaneità e la libertà dagli schemi, che secondo noi è un po’ la vera anima del rock and roll, che lascia anche spazio all’improvvisazione, soprattutto dal vivo. Il sound che esce deve essere scarno, diretto e di impatto, con tutti gli strumenti ben amalgamati fra loro.
Songs About Lou è il vostro quarto album in studio, come lo definireste?
È il nostro disco sicuramente più elaborato, ma non per questo pretenzioso. Qualcuno dice il più riuscito. Durante le registrazioni era morto Lou Reed (che comunque non è il Lou protagonista delle nostre canzoni) ed è venuto spontaneo dedicargli l’album, che poi è divenuto una sorta di omaggio non solo alla musica sua e dei Velvet Underground, ma a tutta quella che più ci piace e ci ha influenzato. È un disco appassionato e passionale.
Abbiamo visto che avete un legame particolare con la Germania, avete partecipato ad alcuni festival tedeschi e nell’ultimo album c’è anche una canzone dal titolo Berlin. Ce ne parlate meglio?
Io sono di madre tedesca e da sempre ho un legame particolare con la Germania. Per un caso fortuito è capitato per la prima volta nel 2010 che gli organizzatori di “Gitarrissimo” ci conoscessero e ci invitassero a quel festival, da lì si sono create una serie di occasioni che ci hanno portato a suonare tutti gli anni in terra tedesca, dove nel tempo abbiamo conquistato un seguito di affezionati estimatori. Così è nata anche l’idea di provare a inserire il tedesco nei testi, prima con “Berlin 1987” (sul terzo cd Dangereyes) e poi di nuovo su quest’ultimo con “Asphaltnacht”.
Quali sono le emozioni che avete provato a suonare sui palchi esteri?
È stato molto emozionante suonare in posti dove il rock è molto conosciuto e apprezzato, e proporre la nostra musica in spazi molto belli, anche davanti a centinaia di persone. Anche il calore umano con cui ci accolgono è sempre molto piacevole e ci sorprende e conforta ogni volta.
Annalisa Nicastro