Il viaggio musicale dei gitani di Alain Weber, eccellente scopritore e studioso delle tradizioni orientali, è un libro illuminante sul lungo viaggio tzigano e lo straordinario universo musicale che esso è riuscito a generare nel tempo. Weber invita i suoi lettori ad un ideale dialogo tra le culture.
“La tribù profetica aux prunelles ardentes”, come li definisce C.Baudelaire nella sua Bohémiens en voyage, ha cominciato il suo lungo cammino prima dell’anno Mille spostandosi dal Rajasthan nell’India del Nord all’Egitto, attraversando l’Afghanistan, l’Iran, l’Armenia e ancora la Turchia, i Balcani per poi approdare in tutti i Paesi dell’Europa fino all’Andalusia.
Weber dipinge i Rom come “precursori dei fenomeni di fusione musicale, dal jazz alla world music”. Infatti, l’incessante nomadismo ha permesso loro una continua mescolanza con le culture e le tradizioni autoctone incontrate durante il cammino. Grazie al loro senso di versatilità ed improvvisazione questo incontro con l’altro non si è risolto in una semplice imitazione (!) anzi, spinti dalla necessità di sopravvivenza, i Rom sono stati capaci di assimilare con originalità tutte le varie tradizioni. Questa capacità ha permesso al genio tzigano la conservazione di stili e generi musicali che altrimenti sarebbero scomparsi.
A questo proposito Weber si chiede: “Ma che ne sarebbe, oggi, del repertorio ungherese delle csardas? Senza la presenza dei Gitani, il flamenco spagnolo non sarebbe, oggi, solo una musica accademica e folcloristica, buona per i conservatori e i turisti?”.
L’assimilazione, però, non impedisce agli Tzigani di avere una musica propria. In particolar modo nei Balcani e in Europa Centrale, hanno fuso e orientalizzato generi musicali popolari o colti con elementi ritmici, musicali e coreografici che anche al giorno d’oggi occupano una posizione di rilievo nella nostra cultura.
Per gli Tzigani suonare è sinonimo di creare, come dimostra l’esempio del grande Django Reinhardt che ha letteralmente sconvolto la storia della musica e del jazz. Ricordiamo inoltre che sono stati inarrivabili virtuosi di clarinetto in Turchia, nei Balcani al loro arrivo sono riusciti ad attualizzare e a cambiare destinazione d’uso alle fanfare dei giannizzeri (oggi ancora di gran moda!) e in Andalusia daranno vita al flamenco e al cante jondo che seppe ammaliare anche Federico García Lorca.
In mille anni i Rom sono stati conosciuti con tanti nomi: Gitani, Tzigani, Zingari, Gipsy, Bohémien. Questa gente straniera nomade e scura (secondo un racconto «Quando Dio creò lo Tzigano, lo mise su una tavola al sole e il sole brillò a lungo») ha sempre riscosso molta diffidenza da parte degli altri popoli. Nell’immaginario collettivo sono sempre stati “capri espiatori del nostro mondo sedentarizzato, vittime di una fondamentale esclusione sociale […] la società rom, infatti, è fondata su criteri tradizionali e comunitari, che si oppongono radicalmente al nostro individualismo moderno”.
Malgrado questa marginalità i Rom sono riusciti a diventare sia depositari di tradizioni culturali antiche sia ispiratori di molti compositori e musicisti influenzati largamente ancora oggi dal repertorio tzigano.
Annalisa Nicastro (12.10.08)
Alain Weber
Il viaggio musicale dei Gitani
Ricordi, 2008
pp.156, euro 25,00