A volte, come nel caso del nuovo disco di Jovanotti, le copertine raccontano molto del contenuto musicale che in qualche modo sono destinate ad “impacchettare”. L’artista romano, che oramai ci eravamo abituati a chiamare semplicemente Lorenzo, con un semplice scatto in bianco e nero ci ha voluto raccontare in maniera sintetica un paio di significative differenze (che a fine ascolto risulteranno molto marcate) con i suoi dischi precedenti. La prima di queste – individuabile nel mezzo busto in bianco e nero senza sfondo alcuno – è senza dubbio l’essenzialità. Come ha sottolineato lo stesso artista romano nella conferenza stampa di presentazione, la scelta fortemente voluta di affidarsi ad un produttore come Rick Rubin – che ha fatto la storia della musica – andava già di per sé in quella direzione. Altro elemento chiave, che a mio avviso va di pari passo col primo – è la serenità: Oh Vita! è un album che trasmette serenità al primo ascolto.
Jovanotti, che ha sempre avuto un forte controllo sulla propria produzione, si è letteralmente rilassato “consegnandosi” letteralmente nelle mani di qualcuno che mettesse la propria competenza e il proverbiale gusto musicale al servizio della musica, sapendo trarre dall’artista di turno tutto il suo meglio. E per farlo, come già avvenuto in passato (ascoltate l’ultimo magnifico disco di Billy Corgan), Rubin ha lavorato per sottrazione, su una preponderante base acustica, aggiungendo solo una o due spennellate che rendessero al meglio il brano.
Se prendete ad esempio il singolo apripista, nonché title track, quanto detto sino ad ora appare già piuttosto chiaro. Il pezzo è puro rap, quindi pienamente in scia rispetto alla storia di Lorenzo ma se si ascolta con attenzione tutto suona diverso. Il giro di chitarra scelto è in realtà un campionamento della splendida Black Water dei Doobie Brothers (band americana rock sudista che verosimilmente conoscono solo i lettori non più giovanissimi come il sottoscritto). E così il brano suona subito magicamente a stelle e strisce, già dopo le prime 10 note, pur avendo pochissimi strumenti sullo sfondo (i bassi pompati e pesanti suonano hip hop come mai ascoltato prima). Il legame col testo di questa scelta è forte, visto che parla un po’ della vita di Jova e di come sognava sin dagli esordi di trovarsi a reppare dall’altra parte dell’oceano. Anche la ballata strip down già uscita a novembre – solamente voce e chitarra acustica – Paura di niente, è un altro pezzo che stabilisce quasi un record in termini di sobrietà sonora e il risultato è che la sua bella melodia ne ha guadagnato in efficacia espressiva.
Detto questo, a scanzo di equivoci, va sottolineato come questo lavoro non suoni affatto monotono o dal sound omogeneo, anzi la grande varietà di stili (c’è perfino il reggae/ska di SBAM! e il piano bar di Amoremio) che presenta è il suo prezioso DNA, ma l’essenzialità resta il fil rouge che unisce tutti e 14 gli episodi.
In Sbagliato gli archi fanno da colonna sonora alle “immagini” della storia di una coppia che vengono descritte come scene spezzettate di un film romantico. Qui, come in Chiaro di luna in un certo senso Lorenzo e il suo Guru hanno semplicemente scommesso sull’anima cantautorale che ha fatto la fortuna di successi come A Te, o Stella Cometa ed altre ballate ben note al grande pubblico, ma spogliandole il più possibile. Un po’ del funky e del ritmo che hanno contribuito a rendere Jovanotti quello che è, torna nel brano In Italia dal mood più spensierato. Il testo passa in rassegna pregi, difetti, debolezze e virtù del nostro paese col solito schema che mi piace definire “a scene a mitraglia” che è tipico del cantante nostrano. Scuramente un pezzo ottimamente riuscito. Le canzoni è quasi un pezzo dall’anima dance e forse è la più simile alla produzione passata, mentre al contrario Viva la libertà (fra i pezzi migliori in assoluto, insieme alla più morbida Ragazzini per strada) sembra quasi un inedito pezzo sudamericano, con il suono della fisarmonica che le regala un vestito estivo e spensierato. Non mi stupirei se diventasse il singolo da lanciare intorno al mese di giugno.
Non mi dilungo ulteriormente nella descrizione analitica e chiudo dicendo che, a mio avviso, anche se Oh Vita! non dovesse raggiungere lo stesso successo dell’ultimo fortunato predecessore, Lorenzo Jovanotti ha già vinto a livello artistico. Infatti il suo istinto lo ha spinto a inseguire lo spirito (non certo al suono) degli esordi, quando dall’altra parte della consolle c’era un certo Claudio Cecchetto.
Il suo disco più maturo, senza nessun dubbio alcuno.
Jovanotti – Oh Vita!
Il suo disco più maturo, senza nessun dubbio alcuno.