A tre anni dal precedente disco Cannonball e dal fortunato tour che lo ha portato in giro per i palchi più importanti d’Italia, torna il musicista campano Johnny Dal Basso. Il suo quarto album s’intitola Lo Stato Canaglia e più che un insieme di canzoni vuole essere un luogo mentale in cui vivono tutte le contraddizioni del nostro tempo.
Il grunge sporco e violento di “Senza Nome” nasconde una vena autobiografica in cui molti artisti abituati alla gavetta si riconosceranno. La viscerale ferocia punk dovuta ai troppi ascolti dedicati a band come Germs e Adolescents (“Odia E Desidera”) si mescola con la decadenza di “Amore Pirata”. Accantoniamo i confini terreni e guidati dallo space-blues di “Marta” finiamo dritti in Spagna (“Andalusia”), patria mancata di Litfiba e Diaframma, e in Germania (“Berlin Burning”) a pogare ad un concerto dei redivivi Ramones.
Dopo una capatina nei primi anni del 2000, dove spopolavano le canzonette pop punk (“Colpo Di Stato”), ci si trasferisce a Palm Desert a jammare con i Kyuss (“Tutto In Forse”). Il ritorno a casa è amaro (“Lo Stato Canaglia”), ma sarà un ritorno momentaneo perché, come dice il testo, si preferisce partire e diventare una foreign fighter in Siria piuttosto che avere una vita canonica fatta di tradimenti e turbe sentimentali.
Le relazioni di coppia fanno da cornice anche a “Grandi Passi Avanti”, una canzone manifesto che smaschera le promesse di un Governo che definisce la crisi come un qualcosa di necessario e costruttivo per ripartire.
Concetti come questo ci suggeriscono che probabilmente è meglio emigrare lontano. Ma non sto parlando di un’altra nazione, bensì di un altro pianeta. E sono sicuro che Johnny verrebbe volentieri con noi a farci da co-pilota.
Johnny Dal Basso – Lo Stato Canaglia
Più che un insieme di canzoni vuole essere un luogo mentale in cui vivono tutte le contraddizioni del nostro tempo
