Siamo molto contenti di ospitare sulle nostre pagine Denis Longhi, direttore artistico di quello che negli anni è diventato un appuntamento sempre più’ importante: il Jazz:Re:Found. L’originalità, la semplicità e l’attitudine che c’è dentro e dietro questo grande festival ci ha colpito molto e abbiamo voluto approfondire con Denis alcune tematiche. Ne è venuta fuori una bellissima intervista.
Benvenuto sulle pagine di SOund36 Denis. Quest’anno il Jazz:Re :Found è alla sua decima edizione, ne ha fatta tanta di strada dai suoi inizi?!
Questa decima edizione sancisce in un certo senso per lo staff di produzione il passaggio dalla fine dei 20 alla fine dei 30. Un percorso di crescita sotto ogni punto di vista che a guardare bene ci ha mantenuto giovani e attenti, accorciando le distanze con le nuove generazioni.
Però che fatica
Cosa è cambiato e cosa è rimasto uguale in tutti questi anni di programmazione?
Potrei argomentare questa risposta con il ‘brief’ che sta dietro il concept e la comunicazione di questa decima edizione ‘La materializzazione della visione’.
E’ tanto scontato quanto sorprendente prendere consapevolezza di quanta lungimiranza c’era in quella passione tardoadolescenziale che ha con coraggio partorito e cresciuto Jazz:re:found. Una visione che mirava ad un immaginario allora francamente poco emancipato e con un linguaggio ed un’estetica poco “hype” seppur profondo e intrigante. Oggi possiamo definire il suono e il costume ‘afrocentrico’ o ‘afrofuturista’ un fenomeno ultracontemporaneo, quasi in una fase di pericolosa strumentalizzazione.
Il paradosso è che dalla pionieristica condizione in cui era complicato trasmettere sia la forma che il contenuto, ci troviamo oggi a doverne difendere la vera essenza e proteggerne valore e significato dall’inflazionamento.
Puoi dirci qualcosa sulla line up di quest’anno? E se hai anche qualche anticipazione da farci…
Tenendo fede al concept, che declinato in slogan dichiara Jazz:re:found 2017 ‘Never Hype /Ever Ahead’, abbiamo cercato di sottolineare ancor maggiormente il valore di una Lineup organica e alchemica, in cui si possa leggere una storia ‘reale’, in cui tutti siano i protagonisti, come pezzi indispensabili di un’unica entità. Vogliamo scappare dalla logica del fenomeno ‘Main/Hype’, dove la redemption del pubblico arriva semplicemente dal livello di popolarità dell’Headliner, dove tutti i cartelloni diventano fotocopie variegate dei riferimenti internazionali.
Riteniamo sia un dovere avere delle idee, raccontare un’identità, riuscire a sentirsi speciali, ma soprattutto instaurare un rapporto complice e di fiducia con il proprio pubblico. L’obbiettivo è fare in modo che sia il ‘brand’ Jazz:re:found e la sua visione, l’elemento capace di suscitare aspettativa, emozione e interesse e non la collezione di figurine che si allestiscono in vetrina.
Quale messaggio volete fare arrivare al vostro pubblico?
Il messaggio è semplice, il mondo della cultura e del marketing viaggiano ormai sullo stesso binario, non è semplice distinguere un festival (un prodotto) con un’anima o senza. Quello che inseguiamo dal primo giorno, è di emancipare il livello di condivisione e la qualità dei contenuti.
Sicuramente in Italia c’è chi gioca un altro campionato rispetto al nostro e ci tiriamo fuori da qualsiasi competizione o confronto. Jazz:re:found vuole e deve rimanere semplice e autentico, essere amato e apprezzato per la sua natura creando un dialogo 1 a 1 per preservare la ‘community’. Il messaggio è: coerenza e consapevolezza, quindi se hai scelto Jazz:re:found, vuol dire che ti piace proprio
Tre buoni motivi per non perdersi il Jazz:Re:Found
– Sicuramente è una Lineup trasversale che raramente potrai trovare nei confini nazionali
– E’ frequentato da un pubblico davvero eccezionale, brillante, coinvolgente ed educato
– E’ la decima edizione, va festeggiato il traguardo e la ricorrenza di questo piccolo ‘patrimonio nazionale’