Il fine settimana che va dal 18 al 20 di luglio sarà il weekend di “Zanne” attesissimo festival musicale che per porterà a Catania alcuni nomi di primo piano del rock internazionale, a partire da Blond readhead e Calexico, ed alcuni dei talenti più promettenti come Toy e Dirty Beaches. Ormai giunto alla propria seconda edizione, Zanne aspira a diventare un appuntamento fisso per l’estate siciliana e non solo. Quelli che ci attendono saranno tre giorni di grande musica e di eventi dedicati allo sport, alla nutrizione ed ai bambini, momenti che danno a Zanne la sostanza di un autentico happening culturale e sociale. Per parlarne in maniera approfondita e per cercare anche di cogliere le novità di questa seconda edizione, abbiamo contattato Nicola Compagnini, presidente di Kizmiaz, l’associazione culturale che organizza il festival.
Rispetto alla scorsa edizione, Zanne cambia il proprio format, non più tre serate isolate, ma un intero fine settimana dedicato alla musica, da cosa nasce questo cambiamento?
Era un’esigenza che sentivamo già dalla prima edizione. Un festival che si rispetti deve poter consentire agli spettatori di fare un biglietto unico per tutti i concerti, senza costringerli a scegliere. Le tre date consecutive lo permettono e su questo abbiamo lavorato per 12 mesi interi.”
Per la qualità della sua proposta, Zanne si avvicina molto ad alcuni dei migliori festival internazionali, penso ad esempio agli ATP, credi possa mancare ancora qualcosa per raggiungere pienamente quel livello?
“Paragone lusinghiero, soprattutto perché Catania non ha mai avuto un festival di respiro internazionale. Forse ciò che manca a Zanne sono le infrastrutture di una grande città. La location l’abbiamo reinventata. Il Parco Gioeni non era pronto ad accogliere un evento di questa portata, ma la magnificenza del luogo ci ha convinti che questa fosse la strada giusta.”
Cosa vi ha guidato nella scelta delle band da inserire nella line up di questa edizione? Solo passione personale o anche il tentativo di leggere alcune delle direzioni intraprese dalla musica internazionale?
“Entrambi i fattori hanno contribuito alla definizione della line-up. Certamente la passione personale ha giocato un ruolo fondamentale, così come gli ascolti quotidiani e un percorso di vita fatto di cibo e dischi. Però valutazioni di opportunità sono imprescindibili, soprattutto nella scelta degli headliners. Facciamo un esempio, i Blonde Redhead dalle nostre parti sono molto popolari e non calcano un palco siciliano da moltissimi anni. Il fatto che presentino pure il loro nuovo album li ha resi una scelta obbligata, senza considerare che restano una delle migliori band di ogni tempo.”
Catania è sempre stata molto attenta alle novità musicali, credi potrà un giorno fare un salto di qualità definitivo, diventando, più che la Seattle d’Europa, magari una piccola Austin?
“Il fermento musicale resta pressoché immutato anche se non vi è ricambio generazionale. Sono poche le band di giovani e giovanissimi che escono fuori dalle cantine. Non so quali siano le ragioni ma di sicuro ha contribuito quel retaggio anni 90 che ci ha vincolati all’immagine ingombrante di Seattle d’Europa. Sarebbe bene guardare avanti. Austin? Magari! Spero che i Toy, piuttosto che Dirty Beaches siano d’ispirazione per qualche chitarrista in erba”
In passato abbiamo assistito a diversi tentativi di organizzare eventi musicali, purtroppo, terminati dopo pochissime edizioni sebbene fossero capaci di conquistare buoni riscontri. Quali sono le maggiori difficoltà che avete dovuto affrontare nella realizzazione di questo festival e quali sono, a tuo parere, le condizioni per durare nel tempo?
“Quest’anno anche il Not Fest ha dato forfait e sembra che tutti i festival “generalisti” abbiano gettato la spugna. Credo che la formula vincente qui al sud sia quella dell’Ypsyg, un festival longevo con una line up sempre di alta qualità ancorché lontana dai clamori mainstrean di altre manifestazioni simili L’internazionalizzazione dell’evento è la chiave di volta per la sua longevità.”
Come hai già sottolineato, anche questa edizione si svolge al Parco Gioieni, quanto credi sia importante l’iniziativa delle associazioni e l’organizzazione di iniziative simili a Zanne nel recupero di aree un po’ trascurate della città?
“Ci sono decine di associazioni che faticano a sopravvivere, lottando tra le mille difficoltà burocratiche ed economiche. Le forze creative sono tante, molte bloccate, loro malgrado. Zanne ha scelto una strada in salita, scegliendo un luogo simbolico della città di Catania che meriterebbe ben altra sorte. Quest’anno abbiamo una maggiore presenza delle istituzioni che hanno sposato il progetto di rinascita del parco. Quello che possiamo assicurare è che durante le tre giornate di Zanne il parco verrà vestito a festa e speriamo che la festa continui anche dopo”
Zanne non è solo un festival di musica, al contrario e contro ogni luogo comune sul rock, dedica molto spazio e molta attenzione alla proposta di uno stile di vita più vicino alla natura, più attento alla dimensione bio e, addirittura, ai bambini. Cosa vi ha spinto in questa direzione, solo il desiderio di proporre un programma più ricco, o anche l’intenzione di calare la proposta musicale in un contesto insolito per l’indie rock?
“Credo che la forza propulsiva del festival debbano essere proprio i bambini. Sono loro che ci sostituiranno, magari imbracciando una chitarra per salvare il mondo. Zanne vuole stimolare la creatività, la sperimentazione di percorsi differenti attraverso uno stile di vita sano e consapevole. Quindi oltre al programma musicale, dalle 8 del mattino sarà possibile dedicarsi al proprio corpo e alla propria mente, attraverso attività gratuite come lo yoga, la danza, i corsi chitarra per bambini., workshop di hula hoop etc.”
Hai un passato da editore e produttore di musica. Credi che l’aggettivo “indipendente” sia ancora attuale? Credi che internet, youtube e gli infiniti canali di distribuzione oggi accessibili abbiano tolto peso al ruolo dell’editore indipendente o ne abbiano solo cambiato la dimensione del lavoro?
“Siamo all’estremizzazione del termine “indipendente”. La democratizzazione della diffusione musicale è tale da fornire l’illusione che si possa fare tutto da soli, senza produttore, etichetta e distributore. Questo non è possibile. L’utilizzo dei nuovi media promozionali non può sostituire il lavoro dei professionisti che supportano l’industria di settore. Quindi è bene che il musicista faccia quello che gli riesce meglio: suonare.”
Carmelo Di Mauro