Gli In June sono un terzetto Alternative Rock proveniente da Roma che ha da poco rilasciato “Years”, il loro primo singolo. Sarà il preludio al disco di debutto di questa giovane band? Scopriamolo nell’intervista seguente.
Parlateci delle vostre origini
Siamo nati come In June nel 2018, iniziando con il portare in giro le nostre cover preferite e i primi brani scritti insieme. Siamo stati affiatatissimi da subito ed è stato un istinto naturale, per noi, portare avanti questo progetto, nato sui palchi romani.
Come nasce il vostro primo singolo “Years”?
“Years” nasce prima come un brano chitarra e voce, che poi, essendo a noi molto cara come una delle prime canzoni su cui abbiamo lavorato insieme, è stata arrangiata arricchendola di dinamiche e sonorità più pensate, che le hanno donato una forma più evoluta. Il risultato finale, che si può ascoltare oggi su tutte le piattaforme, è nato dal lavoro che abbiamo fatto insieme ai ragazzi di Pop Up Live Sessions in studio.
Il vostro sound ha chiari riferimenti al rock di stampo europeo. Quali sono le vostre principali influenze?
Le nostre ispirazioni sono artisti come Aurora, the XX, Lorde, Daughter e Placebo.
Il brano parla della forza travolgente che hanno alcuni legami. E’ un testo autobiografico?
Sì, parla di una relazione che è arrivata al termine e di come in quel periodo fosse viva la speranza di poter mantenere un rapporto a prescindere da tutto.
Chiedo ad ognuno di voi di selezionare un disco “della vita” e motivarmi tale scelta
Daniela (voce/chitarra): io direi “Brand New Eyes” dei Paramore, in quanto è stata la primissima band ad avvicinarmi in modo più maturo alla musica e a cambiare la mia percezione di essa. Ed è proprio nel periodo in cui ho iniziato ad ascoltare questo album che ho iniziato a scrivere canzoni per conto mio. Quindi potrei dire che mi ispirano da sempre.
Mara (batteria): “Disintegration” dei The Cure perché è uno dei primi album che ho ascoltato da piccola grazie a mia sorella. Era qualcosa che non avevo mai sentito prima. Ascoltandolo venivo trasportata in un posto pieno di atmosfere magiche, cupe e spettrali che si incontravano per cullarmi nei momenti di sconforto e grazie alle ritmiche ipnotiche e ripetitive della batteria il mio modo di suonare è stato fortemente plasmato.
Pierpaolo (basso): senza dubbio “Ten Thousand Days” dei Tool. Sono molto legato a quest’album e a tutto quello che sono riuscito ad assorbire da esso, ogni volta che lo ascolto riesco a captare qualcosa di nuovo che non avevo mai sentito prima. Mi ha dato una sorta di “coraggio” per quanto riguarda il mio modo di suonare e comporre, slegandomi dal classico modo di intendere la musica e facendomi vedere il basso da altre prospettive che non mi aspettavo di scoprire.
Dopo “Years” è naturale aspettarci un full lenght. Quanto dovremmo attendere?
Per adesso ci stiamo focalizzando su un altro singolo che uscirà a brevissimo. Per l’album ci sarà ancora da attendere, ma sicuramente è nei nostri piani.