Giovanni De Zorzi è riuscito con il suo libro Musiche di Turchia a riempire un vuoto che esisteva su questo argomento specifico nella nostra tradizione occidentale. Il suo viaggio letterario ci dà conferma che la musica è lo specchio della cultura dei popoli che si sono incontrati su questo vasto territorio, la tradizione musicale ottomana è unica proprio perchè segue di pari passo la storia di questi territori.
L’attuale Repubblica di Turchia nasce nel 1923 ma è il risultato di tutte le vicende che nel corso dei millenni si sono svolte su queste terre e dei popoli che si sono incontrati in questa vasta area che comprendeva influssi dal mondo mediterraneo, Asia e Africa dando vita a quel particolare multiculturalismo, caratteristica fondamentale dell’identità della musica ottomana. Qui le testimonianze di “pratiche sonore” risalgono già al Neolitico e De Zorzi traccia un viaggio musicale che parte dalla cultura anatolica, passa per Bisanzio divenuta Costantinopoli nel 330 d.c e ribattezzata successivamente Istanbul nel 1760.
Un viaggio sonoro non facile da tracciare ma in cui l’autore evidenzia magistralmente gli scambi, i prestiti, i “transiti” delle varie culture in un’area in cui Oriente e Occidente si confondono.
L’autore, che è dottore di ricerca in etnomusicologia e suonatore di flauto ney, ci parla della nascita, della grandezza, della decadenza e della ripresa di interesse per la musica turca, di cui ne analizza accuratamente generi e strumenti specifici. Scopriamo così le correnti principali nella musica ottomano-turca, viste anche alla luce del contesto culturale ed estetico in cui sono nate: la musica d’arte, la musica popolare e la musica spirituale propria del sufismo; a cui si aggiungono molteplici generi nati recentemente a dimostrazione della ricchezza culturale di tale panorama musicale.
Un aspetto su cui De Zorzi si sofferma molto sono i “transiti” tra Occidente e Oriente: le percussioni e i piatti entusiasmarono molto gli occidentali tanto da inserirli nel repertorio occidentale; così come l’arrivo a Istanbul di Giuseppe Donizetti nel 1828 chiamato da Mahmud II, introdusse e diffuse la notazione musicale e i metodi didattici europei nel mondo ottomano. Ad arricchire il libro-trattato (edito dalla Ricordi) c’è un approfondimento di Kudsi Erguner (compositore e solista di flauto ney) che focalizza l’attenzione sulle questioni sorte in Turchia in seguito all’adozione della notazione europea.
Finalmente un libro che arricchisce le nostre conoscenze e che ci invita a dare ascolto a tradizioni che sembrano lontane dalla nostra tradizione, proprio nel momento in cui la Turchia consolida di anno in anno un posto cruciale nel mondo occidentale.