La nuova Chicago e il boom dei progetti a “budget zero”
“Le cose migliori della vita sono gratis”. Corrisponde al vero? Bè, si. E a quanto pare quest’inerzia ha le sue manifestazioni anche nell’industria musicale d’oltreoceano, e in una scena in particolare. Chicago, ancora una volta loro. L’orda di ragazzini terribili che dal 2012 ha iniziato ad invadere il mainstream americano con tutta la sua violenza e al contempo fanciullesca creatività continua ad ingrossare le proprie fila, trovando sempre nuovi canali di autopromozione. E a prezzi ragionevoli: anzi, nulli. Perché se i rapper hanno fame di vetrina, anche i beatmaker non scherzano; e la rete è la piattaforma ideale perché le uguali aspirazioni portino all’unione delle forze. La formula del “send beats to…” è ormai un trend su Twitter, e così sia giovani rapper che giovani producer hanno trovato una piattaforma sulla quale aiutarsi reciprocamente, a costi nulli e con profitto assicurato. Dando – e la cosa non è da poco – spesso vita a progetti di indiscutibile caratura. Vecchietti, guardatevi il portafogli e imparate.
L’A Capone, Separate Myself (Self-Released, 2014)
La violenza di strada a Chicago non è un cliché, e ne è la triste prova il fatto che si sia portata via un talento giovane e di belle speranze come L’A Capone. Nel suo mixtape postumo Separate Myself emerge tutto il suo ruvido e purtroppo inespresso talento, capace sia di creare pezzi dallo spensierato sapore pop come “Some More” e “So Loud” che di mostrare gli artigli sui più comuni sottofondi drill di “Play For Keeps”, “Steve Drive” e “Murder”.
Tuttavia, la gemma della sua brevissima e sfortunata carriera è “Brothers”, una lamentosa confessione di inscindibilità dal suo habitat naturale, che quasi profeticamente se l’è portato via a soli 17 anni, non dandogli modo di far ciò che il titolo del tape suggeriva. Chicago ha perso con lui uno dei suoi più fulgidi talenti degli anni avvenire.
Separate Myself
Ballout, Rookie Of The Year (Glo Gang, 2013)
Goffo, a tratti impacciato e spesso letteralmente stordito sulla traccia, Ballout ha tuttavia qualcosa in sé che lo rende appetibile, o, nel peggiore dei casi, simpatico malgrado le sue sbavature (ascoltate “Lean” e provate a non cantarla a distanza di qualche ora). Rookie Of The Year è il suo tape meglio riuscito, grazie all’aiuto di Iso Beats e dei BassKids, sempre più produttori di fiducia della Glo Gang.
Tra gli archi sintetici di “The Weekend”, le chitarre di “Ballout Baby” e le incalzanti strumentali di “Out In Cali” e “Higher”, il tape ha un suono fresco, dalle tinte vivide e coinvolgenti che sopperiscono alle storture – a tratti quasi dolorose – di Bally sul piano lirico e dell’intonazione. O lo si ama o lo si odia, ma non si contesti l’originalità.
Rookie Of The Year
Team 600, In L’A We Trust (Self-Released, 2014)
La dipartita di L’A non poteva che sfociare in una dedica commossa e senza riserve da parte della sua crew Team 600, che a lui ha dedicato questo sforzo collettivo più che riuscito. Dal suono rabbioso e bramoso di vendetta, dati anche gli arresti dei membri RondoNumbaNine e Cdai, In L’A We Trust mette in risalto tutti i suoi membri, facendo però brillare su tutti la stella di Edai, forse il più pronto a un grande palcoscenico. Le roboanti produzioni di Dree The Drummer (“Go Crazy Pt.2” è furia allo stato puro) e CashMoneyAP esaltano la matrice drill del progetto, i cui pezzi più apprezzabili (“SixDouble0 Pt.2”, “Squad Shit”, “Shooters” e “Othashit”), dai suoni tetri e iracondi, ben mostrano la rancorosa voglia di vendicare il compagno scomparso. Musicalmente, un’eccellente dedica alla memoria.
In L’A We Trust
Chief Keef, Almighty So (Interscope/Glo Gang/1017 Bricksquad, 2013)
E chi se non lui? Come per tutto quello che va per la maggiore a Chicago dal 2012 a questa parte, anche la nouvelle vogue dei progetti a “budget zero” ha visto il suo primo input in Keef. Almighty So, seguito al deludente Bang Pt.2 dell’estate scorsa, non è certo il suo miglior progetto, anzi, eppure mostra alcune interessanti indicazioni sul possibile percorso futuro (e attuale) di Sosa. Dalla prima metà reminiscente dei suoi primi, truculenti esordi (“Almighty So Intro”, “Ape Shit”, “Young Rambos”), il tape prende poi una direzione totalmente melodica, sfociando nella sperimentazione totale di “I Kno”, ancora una volta opera di Iso Beats, in cui Keef porta all’estremo l’utilizzo dell’autotune azzardando anche il falsetto.
“In Love With The Gwop”, “Salty” e “Nice” proseguono su questo filone, facendo di Almighty So un’esperienza uditiva non facile e non certamente appetibile a tutti, ma oggettivamente interessante. E il sapore amatoriale del raccogliere beats un po’ dappertutto (una delle sue più grandi hit, “Citgo”, nasce proprio da un beat trovato per caso su YouTube) altro non fa che aggiungere ulteriore fascino a una delle carriere più imprevedibili e potenzialmente luminose che l’hip-hop statunitense abbia visto nascere negli ultimi anni.
Almighty So
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