Recensioni

Depeche Mode – Spirit

Scritto da Marco Restelli

sono tornati più in forma che mai e con le idee ben chiare

La domanda nasce spontanea: una band che non ha più nulla da dimostrare, che da sempre non cambia sostanzialmente stile ed è al top della scena pop rock da oltre trent’anni, avrà ancora qualcosa da dire a livello artistico? Nel caso dei Depeche Mode è evidente che la domanda è da considerare assolutamente retorica, visto che anche questo nuovo lavoro intitolato semplicemente Spirit – che esce dopo 4 anni dal precedente Delta Machine offre molti spunti interessanti.
David Gore e Dave Gahan (mente, penna e immagine del gruppo) sono tornati più in forma che mai e con le idee ben chiare: scrivere canzoni che abbiano una vocazione e una forza quasi politica, da veri e propri predicatori del rock. Parallelamente anche il suono, seppur fedele alla loro storia, evidenzia il tocco del produttore James Ford che lo ha depurato a mio avviso di alcune scorie sperimentali (per fortuna non tutte, come in Scrum o Poorman) che negli ultimi dischi avevano preso un po’ troppo il sopravvento, mettendo in ombra alcune belle melodie di cui i nostri sono sempre stati capaci.
Se prendiamo ad esempio Eternal e la finale Fail, i due intensi brani (come da tradizione DM) cantati da Gore, la sua voce incredibilmente passionale è messa bene in evidenza, a salvaguardia dell’estetica (nel primo pezzo mi ricorda quella altrettanto splendida di Rufus Wainwright) mentre la musica, ancorché importante, resta spesso sullo sfondo. Gahan poi, come al solito, incanta nell’alternare dolcezza (The worst crime) alla sua celebre trascinante energia (l’ipnotica So much love), quella che dal vivo sa letteralmente esplodere coinvolgendo stadi stracolmi in giro per il mondo. Come anticipato, in questo album il frontman sembra acquisire quasi un ruolo di guida spirituale delle masse, quando intona versi inequivocabili nel singolo apripista Where’s the revolution?:You’ve been kept down /
You’ve been pushed ‘round /
You’ve been lied to
/ You’ve been fed truths /
Who’s making your decisions?
/ You or your religion
/ Your government, your countries
/ You patriotic junkies
/ Where’s the revolution?”.

Nell’affascinante Going Backwards che apre Spirit, per scuotere le coscienze non ci sono solo interrogativi, ma addirittura vere e proprie sentenze definitive che non ammettono repliche: “stiamo tornando andando indietro alla mentalità dell’uomo delle caverne”. Cover Me e No More (this is the last time) restano probabilmente gli episodi più intimi e per certi versi più radiofonici, che escono un po’ dal tema generale del disco. Si torna ai rapporti interpersonali, dei quali in passato i Depeche Mode hanno saputo scavare come pochi nella storia del pop, senza paura di mostrare i nervi scoperti della propria fragilità.
A questo punto, se qualcuno fosse titubante nel continuare a dare una chance a una band così longeva (ma per niente stanca) – nella cui carriera in realtà ci sono pochissimi passi falsi – mi auguro di averlo rasserenato a sufficienza riguardo alla grande qualità della musica che ascolterà. Un album che potrebbe anche segnare l’inizio di una nuova fase artistica, più socialmente impegnata, per l’ormai mitico trio inglese.

About the author

Marco Restelli

Originario di Latina, ma trapiantato ormai stabilmente a Bruxelles. Collaboro con diversi siti musicali. Collezionista di dischi dai primi anni '80, ascolto praticamente ogni tipo di musica, distinguendo solo quella che mi emoziona da tutto il resto.
In progetto: l'attività di promoter di eventi live di artisti emergenti nel Benelux. Sono orgogliosamente cattolico, ma ritengo che la tolleranza sia alla base delle relazioni umane. Se dovessi salvare un solo disco, fra i miei 3500, sceglierei "Older" di George Michael. La mia più grande passione, oltre alla musica: la mia famiglia e i miei tre bambini.

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