L’ORIGINALE
Uno degli eroi della musica rock che fino ad ora non ho ancora avuto l’onore di celebrare per SOund36 è il grande Lou Reed. L’ex leader dei Velvet Underground, dopo l’esordio solista non proprio brillante col suo album omonimo nel giugno del 1972, ci riprovò a stretto giro di posta nel novembre dello stesso anno pubblicando, questa volta, un capolavoro prodotto dall’immenso David Bowie: Transformer.
Su questo LP, icona del Glam Rock, fra i tanti pezzi degni di nota spicca l’inossidabile Walk on the wild side. Tutto nel brano è assolutamente in linea col personaggio incarnato da Reed in quel periodo: decadenza, provocazione, ironia. La canzone ha un incedere dinoccolato e lowtempo, con il ritmo che viene tenuto quasi in maniera ipnotica. L’arrangiamento si arricchisce progressivamente prima col basso di Herbie Flowers in primo piano, il coro colorito delle Thunderthighs e soprattutto l’assolo splendido di sax di Ronnie Ross. Quanto al testo, viene quasi raccontato più che cantato. L’intonazione poi non è affatto malinconica, ma al contrario quasi spavalda e rilassata e ciò sembra in contrasto coi cinque personaggi che, uno dopo l’altro, vengono descritti (Holly, Candy, Little Joe, Sugar Plum Fairy e Jackie), trattandosi di persone dalla vita incasinata che facevano parte della cerchia dell’amico newyorkese di lunga data di Reed: Andy Warhol.
I riferimenti continui a transessualità, prostituzione e sesso orale fanno di Walk on the wild side una vera e propria portabandiera del “politicamente scorretto” e certamente rappresenta uno degli episodi più efficaci della immensa carriera dell’artista.
LA COVER
Jospeh Arthur è uno di quegli artisti che pur avendo raggiunto a suo modo il mainstream sarà sempre un outsider. Pubblica album con cadenza abbastanza regolare da 20 anni e ha scritto molte canzoni emozionanti (celebre la sua In the sun cantata live da Michael Stipe e Chris Martin), ma nel 2014 volle rendere omaggio a Lou Reed dedicandogli addirittura un album intero di cover di suoi pezzi intitolato semplicemente Lou. Nel disco spazia un po’ in tutta la carriera del celebre collega e da Tranformer incise sia la splendida Satellite of love che Walk on the wild side (piazzata proprio all’inizio). Riguardo a quest’ultima, a differenza della versione originale, Arthur incarna una tristezza palpabile sia attraverso l’approccio vocale sia nell’arrangiamento, ridotto all’essenziale. Il tempo è ulteriormente rallentato e alla chitarra acustica si affianca solo un pianoforte (strumento che riesce essere nostalgico come pochi). Il coro delle tre donne quasi divertente in Tranformer viene qui eseguito in doppia voce dallo stesso Arthur, ma rasenta la rassegnazione (con quel “doo doo doo doo …” privato di ogni ironia) dovuta alla scomparsa recente – nel 2013 – di Reed alla quale, verosimilmente, era legata l’urgenza con la quale incise Lou. Risultato finale: un brivido dall’inizio alla fine che, come sempre, vi consigliamo di provare a fare vostro ascoltandola.