Intervista di Ginevra Tasca
Ciao Barbara e Andrea
(Gaia&Vana), mi piacerebbe sapere come tu e Andrea, con cui lavorate insieme e nella vita reale tuo compagno di vita, vi siete avvicinati alla poesia giapponese e alle sue forme.
Barbara: In età adulta, precisamente, quando vidi per la prima volta “Il castello errante di Howl” di Hayao Miazaky, m’accorsi che c’era un file rouge, un continuum con la mia passione sfegatata nei confronti di “Heidi”, la serie TV degli anni ‘70.
Solo in quel periodo, m’accorsi che la poetica di Miyazaki, perché di poesia si tratta quando s’assiste ad un suo anime, s’atteneva ad un principio che caratterizza il mio modo di fare oggi poesia ovvero mettere in scena, “disegnare” un oggetto, una pratica quotidiana, una creatura o una manifestazione della natura: loro sono i protagonisti della narrazione, non la descrizione delle mie emozioni o dei miei sentimenti. Quando scrivo un haiku narro di un’immagine; il resto spetta al lettore e alla lettrice, anche di saper leggere tra le righe o di proseguire con la propria di narrazione. Non a caso l’etimologia della parola haiku si appella al concetto di “inizio”, di “esordio”…è una finestra sul mondo, un Mondo Altro e di un Altro.
Andrea: Sono un appassionato di cinema, non proprio di anime, anche se con mia figlia Anita ne abbiamo visti parecchi. Il mio apporto nei confronti della poesia di Barbara è discreto. Intervengo solo quando mi chiede un parere.
Da quindici anni mi occupo di satira politica e mi è capitato di utilizzare la metrica degli haiku per comporre dei senryu, perché si prestano a contenuti ironici e sarcastici.
Quando componiamo un haiga, invece, metto in campo tutta la mia professionalità: la fotografia e il lavoro di post produzione, soprattutto.
A Barbara piacerebbe che utilizzassi la fotografia analogica, con la famosa “vecchia” pellicola. Quando visitiamo mostre fotografiche mi chiede sempre se una foto è stata scattata con una macchina analogica…Il problema però è trovare dei laboratori che stampino quel tipo di lavoro. La scelta dello strumento dipende anche dai costi!
Mentre l’haiku è più conosciuto dal pubblico italiano, l’haiga lo è senz’altro di meno. Che cosa è?
L’haiga è una pratica artistica secolare: coniuga il disegno con l’haiku. Successivamente, è stato reinterpretato e il disegno, per esempio, è stato sostituito anche dalla fotografia.
Osservo l’haiga con haiku di Cats in Love, guardo la sinuosità delle linee che ricordano gatti che fanno le fusa… che posto ha la brevitas sia nelle parole che nelle illustrazioni oggi?
La brevitas è la condizione necessaria quando s’approccia questo genere di poesia. Non è la sola nota tecnica, ma è di certo una condizione necessaria e sostanziale. Diventa una postura emotiva e affettiva, la cui base è sorretta dal principio di libertà. Chi osserva è chiamato a narrare la sua di poesia, come è successo a te, Ginevra, che hai immaginato nel nostro haiga “gatti che fanno le fusa…”
Andrea si definisce un visionario, come si pone questo tratto nelle illustrazioni che propone per le tue parole?
Visionario nel senso estensivo della parola ovvero chi “sogna” praticando, attraverso la propria arte, una trasformazione: è un interfacciarsi con la realtà, operando cambiamenti tangibili. È stato dimostrato scientificamente che non esiste l’oggettività, ma l’obiettività ovvero lo sguardo di chi guarda agisce sull’osservato e viceversa. Chi meglio di un fotografo lo sa?
Per adesso, abbiamo affrontato l’ haiga partendo dalla poesia e dal gesto grafico pittorico di Barbara. In futuro, lavoreremo utilizzando anche le mie di fotografie e il mio visionario!
Barbara oltre ad essere una pedagogista sei anche una Love Writer. Che cosa significa?
Tradotto letteralmente significa scrittrice dell’amore. Quell’amore inteso in senso lato. Amore come affetto, l’essere affetti da qualcosa o da qualcuno: da un sogno nel cassetto, da un progetto di vita, da una malattia o da un uomo o una donna, appunto.
La Love Writer è chi sa leggere e narrare scrivendo dei propri e degli altrui affetti. La scommessa è che la Love Writer si spenda anche per raccontare d’imprenditoria utilizzando un haiku o un haiga. Un passo è stato fatto, per esempio, per rispondere alla richiesta di narrare di mortadella!
Guardando le vostre opere mi viene in mente il principio del less is more. Sbaglio o è una verità?
Sì, Ginevra, è proprio così. Attinge anche al metodo del “SHE” di John Maeda descritto in “Le leggi della semplicità”: “SHRINK” (rimpicciolisci), “HIDE” (nascondi), “EMBODY” (incorpora). Una strategia che meriterebbe un’intervista tutta per sé.
Nell’attesa di approfondire con un’altra intervista il metodo del SHE, vi chiedo, visto che lavorate nelle scuole, come recepiscono i giovani le vostre opere?
Alle scuole abbiamo proposto lavori che hanno a che fare con le narrazioni “classiche”: lo stile della favola per esempio. Uno strumento pedagogico molto utile per educarsi alla “giusta distanza” ovvero al saper narrare trasferendo la propria esperienza su personaggi immaginari o di fantasia.
“Naso Rosso”, una delle nostre “Favole su misura”, è stato un fulmine a ciel sereno: hanno appreso attraverso il gioco e mettendosi in gioco.
Per approfondire:
Barbara Gaiardoni