Quando si ascolta Songs of Innocence, il primo album degli Are You Real?, si è come trasportati in una dimensione altra, diversa dalla realtà quotidiana.
Gli AYR? sono un gruppo veneziano di recente formazione, composto da Andrea Liuzza (voce, chitarra, piano), Davide Venier (batteria), Giorgio Michieletto (basso) e Mike Fiorin (chitarra).
L’album è frutto di un percorso interiore: l’atmosfera è quella di un viaggio in cui ogni canzone è un passaggio all’interno di un mondo dalla trama surreale, fiabesca. Favole, racconti, sensazioni sospese: ci si muove come attraverso una foresta, catturati di volta in volta da suoni ed emozioni diverse. Paradossalmente si parte da qualcosa che è finito, e ci si lascia condurre dai suoni attraverso un percorso di questo mondo di mezzo, per arrivare all’ultima canzone che in realtà è un nuovo inizio ideale, una nuova apertura per l’artista. Ha il sapore di un rituale dunque, in cui le canzoni sono tappe, fatte per assaporare questa realtà interna, mosaico frammentario di esperienze che però si ascoltano, per ricominciare.
Sono con Andrea Liuzza, che mi racconta l’esperienza di questo disco, come è riuscito ad ottenere tutto ciò nelle sue canzoni.
Parliamo dell’estetica dell’album, c’è un filo rosso che lega le canzoni?
Potremmo dire che è l’innocenza, anche se mi piace partire da un’altra cosa: la fine del mondo. E’ quella l’origine del disco in realtà. E’ la fine di un mondo interiore, un’esplosione. Quello che rimane sono frammenti che scopriamo di canzone in canzone. Nel finale del disco si torna al presente e si tenta di guardare il faccia la realtà.
Che cos’é la realtà, per te, in Another World? la dimensione immaginaria o quella concreta?
Beh la dimensione immaginaria è quella in cui si svolge tutto il disco, anzitutto il progetto Are You Real? vuole esplorare la realtà psichica. In Another World questo conflitto si manifesta. L’idea della canzone è riconoscere che il presente è l’unica dimensione autentica, anche se l’immaginario, l’‘altro mondo’, è quello dove stiamo tutto il tempo… il mondo mentale, il desiderio.
Mi è piaciuto l’uso di suoni non musicali. In Birds ad esempio prendi dei suoni della natura e li integri nella canzone.
Usiamo suoni naturali ma in modo non naturale. Gli uccelli sono una metafora: della fuga. L’idea mi è venuta da quell’illustrazione del piccolo principe in cui lui si aggrappa alla migrazione di uccelli selvatici per andarsene dall’asteroide.
Come nasce il tuo processo creativo?
Nascono in modo diverso, le canzoni. Alcune dalla musica: ad esempio, in The End Of The World l’idea era lavorare attorno ad una pulsazione sempre più forte, che diventasse un grido di guerra. Altre canzoni sono nate in modo opposto, ad esempio The Last Song: era una poesia, l’ho scritta viaggiando.
Tu sei anche un artista visivo, questo influisce sul tuo modo di scrivere musica?
Tento sempre di fare canzoni che facciano vedere qualcosa. Usiamo il suono per risvegliare un’immagine, e l’immagine è la soglia del mondo psichico. Quello che amo della fotografia è che ti fa percepire tutto quello che hai intorno… quando cammini tutto sembra una foto in movimento e tu devi riuscire a fermarne un frammento. E’ una cosa che ti riconnette al presente, per tornare al discorso di prima.
Prossimi progetti?
Ultimamente stiamo lavorando con un violoncellista. Abbiamo nuove canzoni, un titolo possibile. Che non è Songs Of ‘Experience’.