Interviste

Silvia Mezzanotte, Intervista

“Della vittoria ho dei ricordi eccellenti, nel senso che sono momenti che non si dimenticano. Ricordo con una precisione estrema tutte le emozioni che ho provato”

Il 24 Novembre abbiamo incontrato Silvia Mezzanotte, ex vocalist dei Matia Bazar e attualmente impegnata a portare avanti una sfavillante carriera da solista, in occasione della Masterclass di canto che ha tenuto all’Accademia Musicale “Impulse” di Chieti. E’ venuta fuori questa intervista costellata da diapositive indelebili sul suo passato e sul futuro che la attende.

Se guardi indietro alla tua carriera e se dovessi scegliere una sola istantanea, quale ti verrebbe in mente?
Una sola non ce la farei. In questo momento dovrei dire almeno tre istantanee: la prima sicuramente la vittoria al Festival di Sanremo, la seconda mi rivedo sul palco con Al Jarreau nel 2011, la terza, sempre sul palco, ma con Michael Bolton stavolta. E poi quella che più conta è quella che sta per arrivare, cioè il duetto con Dionne Warwick.

Qual è la canzone a cui ti senti più legata in assoluto?
In generale una di quelle che avrei voluto cantare è certamente “Almeno tu nell’universo” di Mia Martini. Nel mondo dei Matia sono molto legata a “Brivido Caldo”, perché è stato il primo exploit per quello che riguarda la mia dimensione, e a “Cavallo Bianco”, per tutto quello che riguarda il passato.

Sappiamo che eri molto affezionata a Giancarlo Golzi, intramontabile batterista dei Matia Bazar scomparso nel 2015. Cosa rappresentava per te?
Giancarlo è stato un po’ il mio fratello maggiore. Non credo che non passi un giorno senza che lo porti con me da qualche parte, ovunque mi trovi, perché avevamo un rapporto molto stretto, amicale, ci sentivamo spesso e sapevamo di salire sul palco con l’idea di suonare e cantare l’uno per l’altra. Questa era proprio una delle cose che ci univa. E’ sempre con me, indipendentemente dal fatto che lui non ci sia fisicamente. Dico sempre che è nell’altra stanza. Mi basta aprire la porta per poterlo vedere.

Ritornando a tematiche più lievi, che ricordi hai della vittoria a Sanremo nel 2002 con “Messaggio d’Amore”?
Della vittoria ho dei ricordi eccellenti, nel senso che sono momenti che non si dimenticano. Ricordo con una precisione estrema tutte le emozioni che ho provato. Ricordo il cercare di trattenere le lacrime quando ci hanno conclamati sul palco e sapere di dover cantare ancora. Non dimenticherò mai che alle quattro e mezza del mattino quando, finalmente avevamo terminato tutti i passaggi televisivi e le interviste, ci siamo ritrovati a cena a quell’ora e ci siamo abbracciati. Forse soltanto in quell’istante preciso ci siamo resi conto di quello che avevamo compiuto.

Cosa ne pensi della musica italiana attuale, in un’epoca in cui spopolano la Trap e l’Hip Hop?
Ogni epoca ha il suo linguaggio. Io credo che comunque non sia venuta meno, anzi, che stia tornando in auge la tradizione melodica. Proprio ieri ascoltavo l’ultimo singolo di Ermal Meta, “Nove Primavere”, e notavo come nella modernità del suo modo di scrivere ci sono però dei ritorni a una certa classicità. Ecco come, anche in una canzone attualissima, sia presente una certa tradizione melodica, cosa che secondo me l’Italia non dovrebbe mai tradire.

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Giovanni Panebianco

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