Mi dice Paola – è triste e non sta bene – “Sono a un binaro morto, eppure i treni, per antonomasia, corrono”.
Ho sempre immaginato l’andirivieni dei treni simile al ritmo di quelle sfere allineate appese ad un cordino che si vedono al museo della scienza. Una volta spinte, cominciano ad oscillare all’unisono, poi la loro altalena si alterna creando un bellissimo effetto di ordine disordinato, per rallentare e finire l’oscillazione di nuovo all’unisono.
“Che treno senti di essere? Un regionale, un rapido… “ chiedo.
“Un treno fermo, inutilizzato, messo forzatamente a riposo. Ma sono stata un treno giapponese ad alta velocità, che corre senza nemmeno vedere le stazioni, senza che le stazioni lo possano fermare”, mi risponde.
Ho letto da poco Tokyo Express di Matsumoto Seichō. Un omicida conosce talmente bene gli orari nazionali da poter escogitare un macchinoso piano in grado di donargli un alibi perfetto, ma, grazie alle testimonianze raccolte nelle stazioni, il lavoro paziente di un detective lo smantella.
“Un treno ha le sue stazioni” suggerisco a Paola, “non corre per correre”. Non sono sicura dove voglio andare a parare, ma suona incoraggiante.
Paola finalmente si è fermata ad una stazione, me lo racconta al telefono qualche tempo dopo. “Stavolta mi sono ricordata di fermarmi. Adesso in questa stazione ci sto bene. Poca folla, bella libreria, bar pulito. Sono diventata un interregionale veloce”. Ride. “Adesso bisogna vedere come andrà il viaggio. Mi scoccia lasciare quella parte di me, lineare e veloce come un treno nipponico. Essere di nuovo “presa” da un uomo mi scoccia proprio. Ho imparato da anni a star “da ssola” ed eccomi qua, di nuovo adolescente, costretta ad immergermi nei meandri dell’amore!”
Paola finalmente ha ricominciato a vivere, ma ammetterlo sarebbe troppo facile.
Testo di Penna Pazza
Copertina di Sylvie Freddi