Mi dice Laura con voce flebile – ha 90 anni – “Quest ‘anno ha vinto uno che, non so, pare un mendicante”. Il tono in buona fede è disarmante, non vuole giudicare lo scrittore, ma solo il suo aspetto. Il premio Strega per gli anziani che han vissuto guerra e dopoguerra, rappresenta la mondanità intellettuale, democratica, ma elitariamente elegante.
Nei miei ricordi di bambina, la zia Marina alla fine di giugno è già abbronzatissima. Snella e graziosa, la immagino mentre esce per andare alla serata finale. Indossa un vestito floreale di seta dalla profonda scollatura, che divide praticamente in due il busto fin quasi all’ombelico. Impossibile non notarla tra il pubblico seduto nel Ninfeo del Museo Etrusco, tanto da essere ripresa per qualche secondo in TV.
Che soddisfazione! Ma tante chiacchiere maliziose in famiglia. I miei nonni frequentano la generazione fondatrice del premio e Marina fa parlare di sé. La provocante scollatura, certamente non sciatta, è solo un leggiadro elemento di disturbo in quella platea di tailleur e mocassini.
Il primo giovedi del luglio 2021 ognuno è vestito come gli pare, nessun ospite in particolare attrae la telecamera televisiva. La presentatrice, ironica, punzecchia qui e là il bel mondo editoriale.
E loro stanno al gioco, perché la fascetta gialla attira ancora molti lettori, facendo impennare le vendite e conoscere i finalisti. E questo è l’importante, alla fine.
Il sensibile e colto vincitore ritira il meritatissimo premio con le scarpe da jogging Lidl, ma questo la mia amica Laura non lo sa.