Mi rispecchio con i miei neuroni nelle azioni altrui. Se l’azione è nefasta, la conseguenza è spesso un torcimento di budella. Ma se l’azione è lieta una leggerezza parte dai piedi e si diffonde abbracciandomi il cervello come un buon bicchiere di vino rosso.
In teoria quindi dovrei seguire solo le azioni liete, ma non mi interessano, forse le do per scontate o forse ho paura di non riuscire io stessa ad essere lieta.
Quale sia la ragione tendo a seguire una masochistica vocina. Allora le azioni più nefaste mi saltano addosso tentando di buttarmi a terra come i miei cani quando torno a casa, mi entrano nel cervello e diventano un’ossessione.
Da quel momento urge scrivere un racconto.
Scrivo per sbrogliare i fili ingarbugliati di quell’azione, tentare di seguirne i meccanismi, cercare di capire cosa ha portato quella persona a varcare il limite.
China sulla tastiera mi spoglio di giudizi morali ed etici, mi immergo, divento vittima e aggressore. Esiste solo l’istante di quell’azione, un istante di trasformazione, un momento sospeso dove la paura è talmente forte che fa il giro e scompare.
Neuroni a specchio
Un momento sospeso dove la paura è talmente forte che fa il giro e scompare