La Madre Superiora si presentò con trolley e rumore di ruote sull’asfalto, neri nella notte. La aspettavamo appartate dietro un oleandro sfiorito e velenoso, una brezza quasi vento ci increspava i nervi. Avanzava dondolante, ci fece segno di seguirla. Poco dopo entrammo in un capanno dismesso tra le canne, chiuse la porta, ci indicò delle sedie e gettò il trolley su un tavolaccio scrostato. Accese una lampada al neon che tagliò il buio.
Trepidavamo.
Aprì l’eschimo foderato di finto agnello e sfilò da una tasca interna un lampo. Poi un altro, e ancora. Bacchette magiche, aghi lucidi, uncini. Nostra Signora, maga, strega. Nostra Madre Superiora. Noi sulle sedie eravamo pizzichi di femmine fameliche pronte ad annodarci l’anima con fili di cotone. Intanto intrecciavamo le dita stringendo l’attesa insopportabile di una dose a sorpresa che ci avrebbe di nuovo stupefatte. E la Madre Superiora lo sapeva, ci aveva in pugno, aspettava l’attimo giusto del colpo di scena che arrivò dopo sette secondi capitali, quando l’ultimo dente della cerniera fu libero e il trolley si spalancò in una bocca di vecchia: acidi, psichedelici, ipnotici, allucinanti. Era tutto lì e potevamo scegliere il più adatto al trip di quel momento, da calare in grembo come un neonato nei panni.
Ci lanciammo sui verdi foglia, sui gialli fluo, nei malva sedativi; le più a rota sul bianco, che ci si vede meglio. Cerchio magico, primo giro otto alti, secondo giro tre bassi nello stesso buco, tre catenelle e ancora tre bassi, stesso buco, stesso buco, mezzo punto per chiuderlo per sempre.
La Madre Superiora batteva il tempo, correggeva le mosse, vigilava lucida.
Terzo giro altissimi, altissimi al cielo, ventagli di punti altissimi cambiando colore, alternando gli upper ai downer per tenere il ritmo. Poi le vette scoscese, raggiungibili solo con gli aghi che pungono delicati per ricamare croci. Intrippate a bomba, ormai cotte. Gli uncini brillavano sotto la lampada al neon, le dita si muovevano spasmodiche facendo nodi di fili cangianti che sbocciavano in fiori, stelle, fiamme. Stile afgano, libanese, pop-per corn, punto a coste pakistano, a motivo colombiano. Poi sciarpe, borse, calzini, babbucce, inutili centrini, copertine da culla, tende, cappelli con pon pon.
Le meno tossiche ne sarebbero uscite con solo qualche presina da cucina.
Tratto da Uncinetto Tossico
A Crudy perché mi prende in giro