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Memento Mori – Depeche Mode

Scritto da Daniela De Vellis

I Depeche Mode hanno gonfiato di musica e di emozioni lo Stadio Olimpico di Roma

In una notte d’estate di un luglio infuocato, nella sempiterna città, tra posteggi su marciapiedi sconnessi e rovi di more, l’aria si gonfia di musica.
I Depeche Mode hanno gonfiato di musica e di emozioni lo Stadio Olimpico di Roma lo scorso 12 Luglio.
In migliaia, da mezza Italia e oltre confine, di generazioni diverse, tutti riuniti dentro lo stesso cosmo fatto di synth, suoni bruciati, voci profonde ed eleganza senza tempo.
Quello stesso cosmo di Cosmos is Mine, brano di apertura del concerto evento della band inglese, tratto dall’ultimo album Memento Mori.
Un lavoro, questo, che è più di un album o il titolo di un tour pazzesco, è l’invito di due surfisti dell’universo (Dave Gahal e Martin Gore) a riempirsi di vita il più possibile, a prendere fiato solo per tuffarsi in un altro fiume, a rilassarsi e a godersi il viaggio.
Tante sono state le tracce del recente album, come Wagging Tongue, Speak to Me e il masterpiece Ghost Again che hanno spogliato cuori e mani in un turbinio di suoni stracciati che non passano mai di moda. E tanti sono stati i successi che li hanno resi immortali e che hanno infiammato le schiene sudate degli spettatori.
Hanno sollevato gli spalti con Walking in My Shoes, porporato teste e cuori con Precious, ammaliato i pensieri con Everything Counts, ruggito con Wrong, santificati i deliri con Enjoy The Silence.
Centodiecimila mani cullate dall’onda di Never Let me Down coreografate da un evangelico Dave Gahl, mentre i drum dell’inarrestabile Christian Eigner hanno fatto il resto, bombardando ogni singolo atomo come palle di cannone sparate a raffica sulle note di Personal Jesus.
Intenso è stato il tributo all’amico Fletch, scomparso qualche mese fa, con il brano World in My Eyes: il suo sguardo ha benedetto il mare umano con quattro gigantografie che ritraevano il volto indagatorio e curioso del tastierista. Altrettanto mistici i brani Home e A Question of Lust cantati da Martin Gore.
Nessun effetto psichedelico di luci e fumi roboanti, nessuna scenografia pomposa e inarrivabile.
Solo Depeche Mode, solo loro. Solo i grandi sanno fare tanto con poco.

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Daniela De Vellis

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