Il mondo io l’ho guardato da Trieste
Il mondo io l’ho guardato da Trieste
racconta nel 1953 Umberto Saba
Trieste ha una scontrosa grazia.
Se piace,è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore.
Trieste dei primi del novecento avrei voluto esserci
Città di confine città elegante città multietnica
Città stretta in una schizofrenica rivendicazione dell’italianità ma contemporaneamente influenzata dalla cultura mitteleuropea e dal vento seducente della psicanalisi viennese
Avrei voluto parlare con con Italo Svevo e con il suo insegnante di inglese e amico
quel James Joyce che di Trieste diceva da buon bevitore irlandese
And Trieste, ah Trieste ate I my liver
Avrei voluto osservare Marcello Dudovich che si cimentava nella neonata arte della pubblicità
suo è il mitico poster del Liquore Strega e del Vermut Martini
Mi sarei fatta volentieri quattro chiacchiere con il psicoanalista triestino Edoardo Weiss brillante allievo di Freud
Avrei passeggiato con Rainer Maria Rilke lungo il sentiero che costeggia la baia di Trieste
ascoltando i suoi tormenti poetici
Se pur gridassi
chi mi udirebbe
dalle gerarchie degli angeli? E se uno
mi stringesse d’improvviso
al cuore, soccomberei per la sua troppo forte presenza
Perché niente è il bello
se non il principio del tremendo…
Poi mi sarei recata in via San Nicolò 30 nella libreria antiquaria gestita da Umberto Saba e frequentata da Italo Svevo
Li avrei salutati e invitati a bere un bicchiere di vino in uno dei caffè lì vicino
e avrei sorriso a Saba mentre declamava i suoi versi
Caffè Tergeste, ai tuoi tavoli bianchi
ripete l’ubbriaco il suo delirio;
ed io ci scrivo i miei più allegri canti.
Caffè di ladri, di baldracche covo,
io soffersi ai tuoi tavoli il martirio,
lo soffersi a formarmi un cuore nuovo…