Fred Hersch è uno dei maestri contemporanei del jazz più conosciuti e premiati, si è esibito nei club e festival di tutto il mondo, ha avuto l’onore di suonare con Joe Henderson, Charlie Haden, Stan Getz e Bill Frisell, Joe Lovano, Enrico Rava, solo per citarne alcuni. È stato definito dalla rivista Vanity Fair “il pianista più sorprendentemente innovativo dell’ultimo decennio” e dal The New Yorker “una leggenda vivente”, con molti riconoscimenti assegnati e diciassette nomination ai Grammy.
Il pianista di Cincinnati è un leader e un insegnante che ha avuto tra i suoi discepoli Brad Mehldau, Sullivan Fortner, Dan Tepfer. Al Treviso Suona Jazz Festival, lo scorso 25 maggio, si è esibito con il suo trio statunitense (Drew Grass al contrabbasso e Joey Baron alla batteria) al teatro comunale Mario del Monaco nel sabato clou della kermesse.
Fred Hersch è molto noto anche per l’immaginifica abilità compositiva, la capacità di oltrepassare le barriere tra jazz e classica, ma anche una scrittura notturna e melancolica di piano solo – vedasi il nuovo disco registrato nel maggio 2023, Auditorio Stelio Molo RSI, per l’etichetta ECM, dal titolo “Silent, Listening”.
Invece in questo concerto si è espresso in un jazz, per così dire, classico e apprezzabile da tutti: raffinate interpretazioni di standards, molto romanticismo “billevansiano”, con una sezione ritmica in grado di costruire uno swing stupefacente. Anche qualche brano originale, come Akrasia, presente nell’ultimo disco, dedicato a quelle attività un po’ autolesionistiche – ha spiegato Hersch in concerto – a cui però non si sa dir di no.
Un’unione magica di tecnica, sentimento, originalità e pathos: nessun eccesso, nessun protagonismo, molta espressività in un linguaggio assolutamente personale. Quello che un ascoltatore nota, di Fred Hersch, è la sua innata, indiscutibile, classe di grande musicista, ancora prima dell’impeccabile tecnica e della capacità di rendere moderno un linguaggio che ha salde radici nel jazz degli anni Cinquanta. Una sezione ritmica perfetta, con entrambi compositori e leader di altri gruppi, esperienze anche nei conservatori europei, collaborazioni con i più grandi musicisti contemporanei, compresi Al Jarreau, David Bowie e Michael Jackson.
Yoey Baron travolgente e ma mai eccessivo, ha deliziato il pubblico con dei solo originali e fantasiosi (tutti i mezzi sulla pelle dei tamburi, gomiti, dita e spazzole a go-go) ed ha rappresentato il miglior tappeto sonoro un po’ “old-fashioned” per la melodia di Hersch.
Fred Hersch ha anche scritto un memoir, “Best Things Happen Slowly” che fotografa evidentemente la sua filosofia di vita dopo la esperienze – anche tragiche – che lo hanno colpito, come l’hiv e il coma farmacologico da cui, ironicamente ha tratto un’opera teatrale “My Coma Dreams,” una pièce per musicisti e voci narranti. Una lettura che andrebbe fatta per comprendere al meglio l’uomo dietro l’artista. La sua vita è stata narrata da un documentario premiato al Full Frame Film Festival in 2016, The Ballad of Fred Hersch.
Sul serio, una “leggenda vivente”, ascoltata al Treviso Suona Jazz Festival 2024.