Fa caldo.
Un caldo che ti soffoca.
Fuori il vento c’è, ma non sono riuscito a convincerlo ad entrare.
Lui mi ha proposto di uscire, di andare da lui.
Ma di vedere altra gente, proprio non ne ho voglia.
La porta è aperta, ma di corrente non ne fa.
Quanto darei per stare al fresco ora.
Non ne avete idea.
Quanto.
Il diavolo sembra saperlo, ma non è intenzionato a venir fuori a farmi proposte faustiane.
Che voglia vedere come me la cavo?
Che voglia farmi assaporare la tortura del bollore?
O che voglia indurmi ad uscire persino lui?
Mi senti?
Lucifero?
Diavolo?
Con quale dei migliaia di nomi che l’uomo ha usato per migliaia di anni devo chiamarti?
Sono pronto.
Eccomi qua.
Seduto sulla mia branda sporca.
Persino i baffi mi si sono inumiditi.
Ti aspetto seduto alla turca, mentre scrivo quel che mi viene in mente.
Ora ho sete, ma voglio conservare l’acqua per più tardi.
Una persona è passata fuori dalla porta.
Aprendo la sua mi ha fatto assaggiare quel poco di corrente che sogno.
Penso che fosse il ragazzo indiano che ho visto entrare prima.
Fuori dalla finestra il castagno si agita irrequieto.
Vorrei conoscere quel suo tormento, così opposto al mio.
Dov’è il mio Mefistofele?
Io son qua, aspetto.
Pronto per il patto maledetto.
Giusto per un sollievo da questa tortura infernale.
Il paradosso dell’estate del doppio millennio nuovo adulto, alla corte del drago.