All’indomani delle elezioni europee, che tanti mugugni hanno sollevato, permettetemi di intrattenervi proprio sull’istituto del “mugugno” e del “mugugnare”. Questa divertente parola, vagamente onomatopeica, ha le sue declinazioni nelle varie lingue, altrettanto buffe e onomatopeiche: “grogner” in francese e “grumble” in inglese.
Ma ancora una volta il brevetto spetta a noi italiani che al “mugugno” abbiamo conferito persino il ruolo di diritto sindacale… sì, ma a pagamento. Nella Genova del 1300, quella che dettava legge nel Mediterraneo, gli ingaggi dei marinai, allora famosi per essere dei gran rompiscatole e scansafatiche, erano di due tipi: “con mugugno” e “senza mugugno”. Al marinaio assunto con “diritto al mugugno” spettava una paga più bassa ma il diritto di lamentarsi h24 e persino di mandare anche a quel paese chi lo comandava.
L’idea di monetizzare l’irrefrenabile inclinazione al “mugugno” era così geniale che fu poi copiata dalla stessa marina inglese. E oggi? Oggi l’alto numero di “mugugnatori”, per mari e per terra, suggerirebbe di reintrodurre il diritto al “mugugno” dietro pagamento almeno di una piccola tassa. I “mugugnatori” autorizzati dovrebbero riconoscere questo obolo alla collettività condannata a sopportare quotidianamente il loro lamentio su tutto, a partire dalla politica.
La tassa sul “mugugno” avrebbe il duplice effetto benefico di ridurre il fastidioso vizietto e di rimpolpare le casse pubbliche per definizione sempre “esangui”.
Meditate gente, meditate…
Istituto del “mugugno”
Oggi l’alto numero di “mugugnatori”, per mari e per terra, suggerirebbe di reintrodurre il diritto al “mugugno” dietro pagamento almeno di una piccola tassa