Il Blues in Italia è una realtà. Vantiamo musicisti rispettati in tutto il Mondo. Fabrizio Poggi è uno di questi. Lo racconta la sua storia, lo trasmette la sua armonica , lo conferma la sua musica. Un musicista che grazie alla sua sensibilità artistica e alle sonorità raffinate riesce a valorizzare la sua impronta e creare fascino. Oggi lo incontriamo per farci raccontare di questi suoi, due, nuovi progetti.
Ciao Fabrizio, ci ritroviamo dopo l’intervista radiofonica che mi hai concesso in occasione dell’uscita di Basement Blues. Come stai?
Ciao, sto abbastanza bene grazie.
Intanto complimenti per la tua Onorificenza a Cavaliere al Merito della Repubblica. Dev’essere una vera emozione considerando che è stata riconosciuta, per la prima volta, ad un armonicista Blues. Cosa ci puoi raccontare in merito?
E’ arrivata del tutto inaspettata. Mai avrei pensato di ricevere questa bellissima onorificenza. Considerando che è la prima volta che a riceverla è un bluesman e armonicista italiano, la cosa mi riempie ancor più di gioia. A diventare Cavaliere sono stati la musica blues e la mia amata armonica. Ho avuto tanti premi all’estero e sono davvero felice di essere riconosciuto anche nel mio paese. Grazie a coloro che hanno creduto in me, che mi hanno scelto e proposto.
Si avvicinano le premiazioni dei Grammy e mi torna in mente la tua nomination del 2018. Un vero riconoscimento per la tua carriera. Peccato che sia svanito per un soffio. Ma se ricordiamo chi si è aggiudicato il premio, a mio parere è stata una soddisfazione unica. Cosa ricordi di quei momenti ?
Sono stati momenti indimenticabili. Essere là seduto accanto a Beyoncé, Elton John, Bono, Lady Gaga, Tony Bennett e tanti altri è davvero un sogno che va al di là dei sogni. Quando arriva il momento della premiazione e scorrono i nomi dei candidati, senti il tuo nome e poi appena dopo senti quello dei Rolling Stones, beh, fa un certo effetto. Per un attimo ti passa davanti tutta la vita, dall’inizio a quando tentavi di strimpellare una chitarra, a quando calcavi il primo palcoscenico. Ai sacrifici, alla fatica e alle gioie che la strada del blues ti fa percorrere. Non sarei potuto arrivare prima dei Rolling Stones, sarebbe stato un po’ come vincere su mio papà. Se sono diventato quello che sono è proprio grazie anche ai Rolling Stones, e comunque arrivare secondi dopo di loro non è stato affatto male. Il vero riconoscimento che molti non considerano è stato arrivare a essere candidato per una categoria di musica prettamente americana ovvero tra i “best traditional blues album”, i migliori dischi di blues tradizionale. Io, italiano, bianco, candidato per la musica afroamericana per eccellenza: il blues anzi di più: il blues tradizionale. Questo è il vero Grammy Awards che ho sicuramente vinto. Voglio ricordare, che senza Angelina, questa candidatura non sarebbe mai arrivata perché l’idea del disco “Sonny & Brownie’s Last Train” è stata la sua.
Il tuo viaggio verso il Blues cominciò da ragazzo e ancora oggi ci regala perle d’arte e saggezza. Ecco allora un nuovo disco e un libro. Believe è stato scritto dalla giornalista Serena Simula, mano e pensiero sopraffino. Uno scritto a metà strada tra il racconto e la biografia. Cosa ha rappresentato per te questa nuova esperienza ?
E’ stata un’esperienza bellissima. Serena Simula ha ideato questa forma di biografia attraverso le conversazioni, quindi nulla di celebrativo e descrittivo ma una sorta di conversazione in libertà, in cui sono racchiuse le storie, spesso incredibili, della mia vita di musicista blues. Tutti le fanno i complimenti per come l’ha scritto, lodando il suo “modo di raccontare unico” e in effetti è così. Io stesso quando l’ho riletto pensavo di leggere non la mia storia, ma la storia di un’altra persona. Serena proviene da una generazione completamente diversa dalla mia, suo padre ha la mia età. Però da brava giornalista quale è, è riuscita a scrivere un libro semplice ma allo stesso tempo profondo. Un libro che non parla solo di musica, ma parla di come la musica possa aiutarci a realizzare i nostri sogni. Il titolo stesso, scelto da Serena che ho apprezzato sin da subito, “Believe”, significa crederci, credere sempre nelle proprie passioni e aspirazioni, senza mai arrendersi. Nel libro si racconta anche della mia malattia, quella severa depressione che mi ha colpito negli anni 2000, che mi ha tenuto lontano dalla musica per anni e che poi la musica stessa mi ha aiutato a superare in parte. Più che una biografia la considero una sorta di manuale che racconta la storia di una persona che potrebbe essere chiunque, una persona che con passione e perseveranza, nonostante le difficoltà, con grande sacrificio, è riuscita a ricevere il massimo riconoscimento della musica mondiale con i Grammy Awards. Mi piacerebbe che questo libro fosse letto nelle scuole, a quei ragazzi che da tempo ormai non sognano più. Io lo faccio ancora.
Un libro che ho letto e che consiglio,per la sua leggerezza nella scrittura e per il fascino del racconto. Arriviamo al disco. Healing Blues, il Blues curativo,già il titolo dice molto. Il Blues ha una marcia in più, cura la mente e il corpo perché vero e schietto. Healing Blues è un bel lavoro. Come è nato questo progetto?
Ci ho impiegato 25 dischi prima di arrivare ad intitolare un mio album “Healing Blues”. Volevo fare un album credibile, volevo che il mio blues lo fosse, proprio perché credo molto nel valore taumaturgico della musica e del blues in particolare. Come ho scritto anche nelle note del disco, lo spirito di Healing Blues è racchiuso nelle parole che, seguendo il messaggio del grande John Lee Hooker, ho aggiunto al testo originale di “The Blues Is Alright”: Il blues è un miracolo, è guarigione, è una medicina che calma la tua anima, il blues è la madre e la radice. Non importa dove tu sia nato, la lingua che parli, il colore della tua pelle: il blues è per tutti. It’s time to heal. E’ tempo di guarire. Questo è un messaggio importante. Ho voluto raccogliere l’eredità di John Lee Hooker e per farlo come ho scritto, ho dovuto aspettare il momento giusto, e questo lo era.L’album, ideale continuazione di Basement Blues, prosegue la mia ricerca nei mie archivi, aggiungendo brani registrati per l’occasione. Accanto a materiale d’archivio dal vivo in compagnia del mio fratello di blues Guy Davis e in studio, ci sono anche alcuni brani registrati per quest’album in cui coprotagonisti assoluti sono le voci di Shar White, da anni al fianco di Eric Clapton, le chitarre di Enrico Polverari e una grande canzone di e con Hubert Dorigatti.
Ho notato, con molta commozione, che hai dedicato il disco a Paolo Caru’. Paolo per molti di noi è stato un punto di riferimento. Io ho avuto modo di parlarci e mi ha sempre indirizzato su delle giuste scelte. A questo punto ti svelo un piccolo segreto. Fu proprio Paolo che, dopo un mio ordine mi scrisse:…per il disco in omaggio so cosa inviarti. Caro Fabrizio era il tuo For You.
Angelina, la mia compagna, aveva sentito Paolo Carù proprio il giorno prima che ci lasciasse; si stavano accordando per fare uno showcase nel suo negozio e Paolo ne era entusiasta. Poi il giorno dopo abbiamo ricevuto la terribile notizia. Paolo è stato un grande, ha fatto tanto per “l’altra musica” nel nostro paese. Molti di noi gli devono tanto. Credo che se siamo diventati migliori è grazie a Paolo che ci ha consigliato, raccontato e parlato dell’Altra America, quella che lui amava, e che anch’io amo. Bellissima la storia del regalo, che mi ha commosso parecchio. Grazie per averla condivisa. La sua perdita ha lasciato un vuoto enorme, la dedica è solo un atto dovuto per ringraziarlo per tutto quello che ha fatto anche per me.
Anche in Healing Blues non mancano le grandi collaborazioni. Aver suonato con Charlie Musselwhite, Kim Wilson, Eric Bibb, Ronnie Earl, Ruthie Foster e tanti altri dev’essere qualcosa di unico. Quali sono state le tue sensazioni?
Sai quelle che sono nate come collaborazioni discografiche o incontri sui palchi alla fine si sono sempre trasformate in bellissime amicizie come quella con Charlie Musselwhite, che ha voluto che andassi in vacanza con lui, oppure con i leggendari Blind Boys Of Alabama, ed in particolare con il leader Jimmy Carter con il quale ci siamo sentiti qualche giorno fa per il suo compleanno. Che dire poi della mitica Shar White, che canta con Eric Clapton da più di vent’anni, ospite in “Healing Blues” in tre brani? Shar ci ha invitati al Crossroads Guitar Festival nel 2023 a Los Angeles, con la possibilità di stare tra i grandi della musica. La stessa Shar ci ha poi invitato al concerto privato che Eric Clapton ha fatto a Londra nel 2024 per la Palestina; noi eravamo tra quei cento super ospiti. Potrei andare avanti a raccontare per ore. La musica è stata davvero generosa con me: mi ha dato la possibilità di conoscere la maggior parte dei miei eroi, che ora posso chiamare amici.
In questo periodo vedo che sei molto preso dalla promozione del disco e del libro, quindi chiederti quali sono i tuoi progetti per il futuro forse è un po’ prematuro. Ma sono certo che qualcosa ci dirai.
Ho raggiunto tanti sogni, ho fatto tante cose, ho condiviso tutto ciò che ho imparato perché senza condivisione la musica per me non avrebbe senso. Spero che la musica mi stupisca senza avvisarmi: magari realizzando un altro sogno riposto nei miei tanti cassetti.
Caro Fabrizio, ti ringrazio per la tua disponibilità e spero di vedere presto un tuo concerto. Un abbraccio e un saluto affettuoso ad Angelina.
Grazie Gianfranco, lo spero anch’io. Il bello della musica è che incontri persone come te che, anche se lontani, diventano amici come se lo fossero sempre stati. Un grande abbraccio anche da parte di Angelina.