Domenica nelle antiche terme ceretane
In ginocchio davanti ai resti di vecchie mura taglio le radici che tenacemente spuntano tra le pietre
La terra mi è entrata negli scarponi la sento fine che preme contro i calzini
Con l’aiuto di una cazzuola riempio la cofana nera con il terriccio che negli anni è scivolato giù coprendo il sito
Piano piano si svelano le forme delle stanze dai muri in opus reticulatum
Qualche frammento di vetro ricorda le ampie finestre che davano luce all’edificio
Continuo a levare terra poi mi fermo
Piccoli cubetti azzurri spuntano sparsi
Sono parte di mosaici ormai distrutti
Tristemente constato la distruzione di questo effimero passaggio su terra
Raccolgo questi tesori colorati e li metto in una piccola scatola di plastica trasparente
Tendo l’orecchio
Ho l’impressione di sentire il brusio delle persone che venivano a bagnarsi in queste acque calde
Seduti sui bordo ricoperto dai candidi marmi bianchi e ricoperti fino al petto dal tepore dell’acqua si rilassano parlando con il vicino
Se faccio attenzione vedo anche gli schiavi che sudati alimentano incessantemente il fuoco che porta il calore nelle stanze attraverso dei tubuli in terracotta
Mi chiamano è l’una e mezza
Scalo i fianchi dello scavo
Sotto i rami generosi di un fico mangio insieme ai miei compagni di avventura