Quando ho visto per la prima volta l’immagine di copertina di questa settimana, e quando ho letto le parole che Irene, l’autrice, ha detto della sua opera, ho pianto. Ho pianto perché quest’immagine parla di me. E parla di ogni donna.
Irene della sua opera dice:
“…queste due sono l’io presente (adulto) e l’io passato (bambino) che si guardano attraverso una barriera trasparente (fra l’altro la barriera si può tranquillamente aggirare, basta fare due passi a destra o a sinistra, ma spesso le barriere ce le creiamo e siamo noi stessi ad impedirci di valicarle). Insomma, loro si guardano. L’io bambina ha mangiato le mele (che rappresentano il peccato originale che a molti inculcano da piccoli) perciò si è vestita, perché ha vergogna della sua nudità. L’io adulta è nuda, ha imparato con l’esperienza a spogliarsi dei condizionamenti esterni. Solo che quando l’io bambina non è libera, il mondo è bellissimo. Quando l’io adulta è libera, il mondo fa un po’ schifo. E quindi loro si guardano attraverso questa misera barriera invisibile e l’io adulta scrive un messaggio sul vetro per l’io bambina. Un messaggio che è una strada da seguire. Forse per essere liberi prima che sia troppo tardi, prima che il mondo non sia più congiunto alla nostra libertà individuale”
Partorirai con dolore ha detto una volta un dio in cui non credo. Per anni ho testardamente interpretato queste parole in senso letterale, sbattendo la testa contro quest’idea, tutta maschile, della donna sofferente la cui unica utilità è essere mero contenitore e “vacca da riproduzione”.
Oggi, dopo tutta l’acqua che è passata sotto il mio ponte, dopo le mille tempeste attraversate, guardando quest’immagine e leggendo queste parole, riesco a capire. Riesco a capire che il parto di cui si parla non è una nascita estranea a noi stesse, una ri-nascita, una ri-partenza. Partorirai (te stessa) con dolore. La rinascita, la ripartenza, ricostruire da se stesse è immensamente doloroso, distruttivo e crudele. E’ però essenziale. Ricreare se stesse, ricostruire, riscoprire la propria carne, il proprio sangue mostrare senza paura e senza pudore la propria nudità e le proprie ferite, liberarsi. Liberare noi stesse dall’inutile consapevolezza dei limiti che ci poniamo, aprire le gabbie nelle quali ci chiudiamo, come mogli, come madri, come amanti, come figlie è…essenziale, imprescindibile, fondamentale.
E’ Quatsch.
Video Trailer Quatsch, N. 2
Visual Artist: Kay Elle
Musica: Pietro Freddi