Premesso che Demetrio Stratos è sempre stato una mia passione fin da ragazzo, sia come cantante dei Ribelli che degli Area sia come solista sperimentatore, mi sono tolto la soddisfazione di andare a Ravenna per una sua mostra a palazzo Malagola, direi “quasi una personale” dedicata al maestro italiano della ricerca vocale, capace di anticipare i tempi sulla musica che verrà. Tante sono le stanze dedicate a Demetrio, coccolato dal silenzio del palazzo per avere la totale attenzione verso i filmati inediti, alle foto e agli scritti/spartiti, tutte cose inedite e curiose. I momenti più emozionanti sono stati due: il famoso viaggio con il treno da Bologna a Porretta Terme con le musiche originali di John Cage e i filmati, su televisione perfettamente catodica, dove si può ascoltare tutta l’evoluzione della musica Prog degli Area e interi filmati dedicati a Demetrio Stratos. Questa mostra l’ho trovata originale e innovativa, con uno sguardo per niente nostalgico, anzi, un momento per tutti gli amanti della musica per assaggiare ciò che è stato scritto partendo da quei momenti mai dimenticati.
Pensiero: Alessandro Ettore Corona
Foto di Marco Sciotto ™
Dal 14 al 22 dicembre 2024 e dal 7 al 31 gennaio 2025 Palazzo Malagola (Ra)
Demetrio Stratos, una famiglia di origine greca esule prima a Cipro, poi in Italia. E’ soprattutto l’ambiente culturale poliglotta che lo tiene legato al Mediterraneo, bacino all’interno del quale si affacciano le tradizioni musicali e vocali di vario genere – come le cerimonie cristiano ortodosse di tradizione bizantina e le forme musicali mediorientali – dalle quali lasciarsi abitare e nel cui alveo far crescere la consapevolezza della voce come strumento. Da questo retroterra, nella seconda metà degli anni Sessanta, precisamente nel 1967, dopo essere giunto in Italia nel 1962 e aver assunto definitivamente il nome di Demetrio Stratos – frutto di un’inversione tra il suo cognome (Demetriou) e il nome di battesimo (Efstratios) – si unisce al gruppo de I Ribelli, che poi lascia nel 1970.
Il nuovo decennio segna, per Stratos, uno spartiacque. In prima istanza un evento privato, la nascita della figlia Anastassi nata dal matrimonio con Daniela Ronconi, lo porta a indagare i meccanismi sonoro-vocalici alla base della lallazione, forma di pre-linguaggio neonatale caratterizzato dalla ripetizione di sillabe cantilenate (in latino lallatio indica l’atto del «canterellare»), che si struttura dapprima sulla vocale a/, detta centrale perché emessa con la bocca in posizione neutra, e poi nell’articolazione delle consonanti /m/, /p/, /b/, /t/, /d/.
Con lo sviluppo dell’infante, a partire da questa struttura elementare – qui un punto essenziale per comprendere appieno il successivo approdo di Stratos alla diplofonia o all’onomatopea – la lallazione assume un andamento «modulare», in cui i suoni variano alternando diverse consonanti e vocali, lasciando così intravedere la soglia del linguaggio. L’altro elemento decisivo per la maturazione della sua ricerca avviene invece nel 1972 con la fondazione del gruppo Area, con i quali inaugura una feconda indagine sulle relazioni tra suono e voce, incidendo per la Cramps Records di Gianni Sassi. È questo il contesto in cui avviene, nel 1974, l’incontro con gli ambienti Fluxus. In particolare con l’opera di Gianni Emilio Simonetti, con le sperimentazioni musicali di Walter Marchetti, allievo di Bruno Maderna al conservatorio di Milano e con il compositore spagnolo Juan Hidalgo – fondatori del gruppo Zaj (1959) – è introdotto all’universo sonoro di John Cage, per il quale incide i Sixty-Two Mesostics Re Merce Cunningham per voce non accompagnata e microfono. Questi due momenti, la «lallazione» della figlia e l’incontro con l’opera e il pensiero di Cage, insieme a un’attenzione all’opera di Antonin Artaud e alle pratiche vocali di matrice asiatica e mediterranea, indirizzano la ricerca di Stratos verso un’esplorazione delle potenzialità vocali svincolate da ogni possibile relazione con il linguaggio. Da questa consapevolezza si snodano inoltre i due percorsi espositivi di cui qui raccogliamo i materiali.
Attorno alla lallazione e al rapporto con Cage si organizza dunque il primo nucleo di materiali, che ha preso forma nel dicembre 2023.
I materiali presentati sono attraversati, senza intento normativo o classificatorio, da due andature del pensiero e della pratica che la ricerca di Stratos mette in luce, segnata com’è dall’inquietudine creativa e dalla radicale esigenza di concepire la voce fuori da ogni vincolo di ordine espressivo, piuttosto come forma di consapevolezza di se e del proprio essere nel mondo.
La prima considerazione attraverso la quale decifrare i documenti presentati traccia dunque i fondamenti di questa indagine sulla voce, in cui lo scavo nel fonema – e qui si evince tutta l’importanza della lallazione prima introdotta – diviene un modo per praticare la voce come manifestazione udibile di un tessuto sonoro inudibile, che solo attraverso la conversione operata dal canto può tornare a rivelarsi, offrendosi all’ascolto. Si tratta, per così dire, di un’accordatura cosmica che Stratos rende nota, in cui il tessuto del mondo si dispiega nella voce manifestandosi nella sua splendente molteplicità.
NOTE SULL’ARCHIVIO
L’Archivio Demetrio Stratos, dopo l’acquisizione avvenuta a dicembre 2022 da parte del Comune di Ravenna, con il cofinanziamento della Regione Emilia-Romagna, direttamente da Daniela Ronconi Demetriou – vedova Stratos – che lo ha fino a quel momento custodito, ha trovato a Malagola un luogo ideale di conservazione, fruizione e valorizzazione. Si tratta di un fondo che rappresenta il primo, fondamentale nucleo in espansione di un patrimonio di rilevanza primaria tanto nell’ambito della ricerca vocale e sonora, quanto in quello degli archivi d’artista. Un fondo la cui consistenza complessiva è di circa 6 metri lineari e che si articola in due aggregati principali: la documentazione prodotta da Demetrio Stratos nel corso della sua attività e, successivamente alla sua scomparsa, quella raccolta da Daniela Ronconi Demetriou, da sempre impegnata nella cura di una memoria artistica di Stratos che possa essere quanto più completa e onnicomprensiva possibile.
Il corpus documentario – che nel suo complesso copre un arco temporale che va dal 1945 al 2021, con alcuni oggetti collezionati da Stratos, come le fibbie da cintura tradizionali greche, databili alla metà del XVIII secolo – è stato, dunque, legato alla loro abitazione già dai tempi della residenza a Milano, in via Cadolini, fino a quella di Daniela Ronconi Demetriou a Salsomaggiore Terme e non presenta una vera sistematizzazione almeno fino al 1978, quando emerge qualche tentativo di organizzare i documenti e i contratti relativi alla Cramps e ai rapporti con le case discografiche.
Spaziando dalla documentazione audiovisiva di performance, lezioni e concerti (in gran parte copie – anche se spesso di alta qualità e inedite – dal momento che si presume che molti dei supporti originali siano andati smarriti, ceduti o distrutti nel corso del tempo) agli appunti preparatori legati alla sua produzione artistica, dai materiali che ripercorrono gli stretti legami con altri artisti – John Cage su tutti – alle stampe di fotografi che ne hanno immortalato il lavoro nel corso degli anni, da strumenti musicali a oggetti, cimeli e capi d’abbigliamento, da libri e dischi in vinile a partiture e manifesti relativi tanto al suo lavoro da solista quanto a quello con I Ribelli e con gli Area, dalle copie di tesi di laurea, studi e saggi dedicati alla sua ricerca, alla rassegna stampa raccolta nel corso dei decenni, le centinaia di materiali differenti che compongono l’archivio restituiscono in modo tangibile la complessità e la multiformità di una personalità artistica come quella di Stratos e, allo stesso tempo, una tale ricchezza materiale e materica della documentazione racconta il paradosso di un archivio costituitosi al di là e oltre una volontà precisa di formarlo, una stratificazione eterogenea di documenti e oggetti di vita che il lavoro di riordino ha portato a una conformazione che segue in controluce i diversi ambiti di interesse della vicenda umana e artistica di Stratos, aprendo a tracciati di lettura e di ricerca differenti e anche inediti.
Il primo anno di lavoro sull’Archivio Demetrio Stratos, conclusosi nel dicembre del 2023 con l’apertura della mostra Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo, aveva permesso il suo graduale riordino, inventariazione e digitalizzazione (quest’ultima a cura di Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna). Questo secondo anno, che culmina con l’inaugurazione della seconda mostra, Fino ai limiti dell’impossibile, ha, invece, da un lato visto l’arricchirsi e ampliarsi di alcuni nuclei documentari del fondo originario, grazie a ulteriori materiali rinvenuti da Daniela Ronconi Demetriou (in particolare appunti teorici, minute di articoli e materiale preparatorio alle performance, tra cui spiccano le due versioni manoscritte dell’originale partitura per la lettura scenica di Stratos da Pour en finir avec le jugement de dieu di Antonin Artaud) o reperiti grazie alle relazioni intessute con artisti, studiosi e amatori o con altri archivi, come nel caso del rinvenimento della bobina originale delle musiche di scena realizzate da Stratos nel 1979 per il Satyricon del Teatro dell’Elfo, con la regia di Gabriele Salvatores, custodita dall’archivio della compagnia; dall’altro, ha permesso di intravedere, delineare e approfondire in modo sempre più netto le direttrici di senso, i nuclei pulsanti che si mostrano all’interno di un archivio così fondamentale. Direttrici che, in un certo senso, lo costituiscono, lo rendono vivo e origine di possibili ulteriori percorsi di osservazione, di ascolto, di ricerca e di connessioni potenzialmente infinite.
Così, al fianco della direttrice centrale dello Stratos sperimentatore vocale, possiamo scorgerne diverse altre, come quella strettamente legata alla sua ricerca e alla sua attenzione etnomusicologica verso le sonorità dei popoli lontani nel tempo e nello spazio, che attraversa appunti, registrazioni su cassette, dischi e pubblicazioni acquistate e collezionate; oppure, più in generale e grazie alla ricca collezione di LP e 45 giri, che testimoniano i suoi multiformi interessi anche nella direzione della musica jazz e blues, e alla selezione di volumi facenti parte della sua biblioteca, la direttrice che permette di gettare uno sguardo profondo sulla sua dimensione di ascoltatore e di lettore, dell’interesse all’altro che si fa condizione di possibilità per la propria stessa sperimentazione; ancora, quella legata al passaggio dalla prassi a una consapevolezza anche scientifica della propria ricerca, in particolare attraverso le tracce della relazione intrecciata con il CNR di Padova; interessante, e probabilmente tra le meno battute, è anche la direttrice che racchiude la sfera pedagogica di Stratos, dalle lezione con i più giovani alle docenze di alta formazione, come nel caso di quella – mai realizzata a causa del sopraggiungere della malattia – all’Università di San Diego; così come fondamentale appare il nucleo che racchiude le sue relazioni con altri artisti, in primis con Cage ma anche con altre figure legate sia alla sperimentazione sonora e vocale, sia a quella nel campo delle arti visive, della danza e delle arti performative in senso lato; una dimensione relazionale che richiama anche la natura fortemente politica del suo percorso artistico e di vita, indagabile a fondo attraverso materiali di varia natura custoditi in archivio; di grande interesse – e anche poco consueta per un archivio di questo tipo – è anche la sua dimensione di collezionista quasi maniacale, osservabile attraverso la messe di cimeli, oggetti e abiti conservati da Daniela Ronconi Demetriou e di cui attualmente è stata messa in consultazione solo una selezione, in grado comunque di restituire in tutta la loro potenza simili frammenti di realtà, veri e propri tranche de vie, apparentemente meno significativi di altri oggetti ma che rappresentano invece un indice di notevole rilevanza per la comprensione di come la selezione di elementi oggettuali, che seguono la vita degli individui, offra squarci sulle loro storie alla pari delle loro opere; infine, non meno rilevante, la direttrice che custodisce gli sguardi terzi sul lavoro di Demetrio Stratos, che si manifestano trasversalmente attraverso tutti i differenti media che costituiscono l’archivio: dalle riprese delle sue performance all’obiettivo dei fotografi che ne hanno scandagliato da vicino il lavoro, dalle riflessioni di critici e giornalisti che emergono dalla fitta rassegna stampa conservata a quelle degli studiosi che si snodano tra tesi di laurea, saggi e corrispondenza.
Direttrici, queste, che rappresentano solo alcune – le principali – tra le innumerevoli strade che un simile archivio può e potrà tracciare, anche grazie alle altrettanto innumerevoli possibili letture di chi vorrà attraversarlo per far sì che esso continui a essere un corpo generante. Perché la funzione dell’archivio non è, naturalmente, quella di costituire una memoria celebrativa, di costruire un monumento, ma di disporre le condizioni perché una memoria torni a farsi interrogazione sul contemporaneo, sulle sue possibilità, sulle sue strade inedite e sulle sue potenziali linee di evoluzione, a partire dai semi che l’archivio stesso custodisce.
Marco Sciotto e Dario Taraborrelli