Al Mica Moca a Berlino l’arte trova il suo spazio
Berlino, Giugno 2011. Incroci di strade, culture, sguardi che raccontano vite diverse, storie di ogni tipo, provocazioni e spirito di sperimentazione. In una Berlino che sembra non fermarsi mai, la creatività spunta inaspettatamente da ogni angolo: ti guarda dai negozi, ti aspetta ad un incrocio, si incontra nelle numerosissime gallerie o sui muri di vecchi edifici. Si cammina passando per grandi viali, labirinti ferroviari, strade impregnate dall’odore di spezie, e si arriva spesso in posti che ti attirano per la loro singolarità. Non puoi restarne fuori senza sapere cosa ti aspetta dentro.
Arrivo a Lindower Strasse, Wedding, il numero 22 è un grande portone spalancato: all’interno, un cortile porta ad una specie di magazzino con un passaggio al centro. Al di là scorgo una vecchia fabbrica diroccata con grandi finestre e un muro su cui spicca la scritta Mica Moca. Supero il portico ad arco ed entro in questo spazio in movimento dove persone siedono a bere, entrano ed escono dalle diverse sale all’interno della fabbrica attirati da suoni, parole, installazioni.
E scopro questa realtà diversa, questo progetto temporaneo che durerà fino ad ottobre e che vede questo luogo diventare teatro di diversi eventi contemporaneamente. Ogni sera nei diversi spazi di questa ex fabbrica si alternano spettacoli teatrali e di danza contemporanea, concerti, gruppi provenienti da paesi lontani, improvvisazioni di ogni genere fino ad arrivare a performance più estreme come esibizioni di art-bondage. Gli spettacoli si mescolano, la musica dal vivo si unisce alla danza, ad installazioni o ad improvvisazioni, oppure si fruiscono separatamente, passeggiando liberamente attraverso le diverse sale. Una vecchia fabbrica rivisitata che ora è fucina di estrema sperimentazione: uno spazio che si dona alla scena artistica berlinese ed internazionale più originale e indipendente, trovando qui una possibilità di espressione e ulteriore evoluzione nel confronto con diverse forme. Questa suggestiva idea è nata da un gruppo i cui componenti arrivano da formazioni e paesi diversi, e che insieme anche ad altri giovani volontari lavorano in sinergia apportando le proprie competenze e creatività: Christophe Knoch, Frederic Wake-Walker, Christian Anslinger, Albrecht Sprenger, Marta Keil, Marie Pons.
Ho incontrato il proprietario dello stabile, ideatore del futuro Mica Moca, Mariano Pichler e mi racconta:
“Il Mica Moca è nato con la volontà di ricreare a Berlino, una delle poche capitali europee in grande fermento, un’esperienza già fatta a Milano, il Ventura Lambrate. Attraverso la riconversione di una fabbrica si è creato una sorta di centro con diverse attività, specialmente legate all’ ambito artistico e creativo: ci sono infatti sei gallerie, tre case editrici, una radio e una scuola di design, che ha il suo apice durante il salone del mobile. In quei giorni diventa un fulcro di ricerca sul design, una serie di giovani vengono da diverse scuole europee e non, per mostrare la loro attività.
Qui volevo ripetere questa esperienza, dopo la ristrutturazione che comincerà ad ottobre, questa ex fabbrica diventerà uno spazio che accoglierà arte, design ed inoltre un luogo dedicato anche al cinema.
Io mi occupo di trasformazioni di aree industriali e sono un collezionista, per cui cerco di coniugare questi due aspetti della mia vita. Anche perché è sempre meno lo spazio destinato all’arte, in particolar modo in Italia.”
Come si mette in correlazione questo progetto a lungo termine con quello estivo del Mica Moca?
Il progetto estivo nasce dalla proposta di questi giovani curatori, anche per dare una continuità a questa mia idea finale, una sorta di passaggio alla realtà successiva. Il progetto estivo terminerà, ma ci sarà una continuità attraverso esposizioni, eventi culturali, anche se attraverso altre forme.
E ci saranno anche abitazioni e spazi di accoglienza per artisti, nel desiderio di integrare la popolazione con l’ambito culturale della città; questo luogo sarà sempre vivo, non chiuderà la sera per riaprire la mattina. Gli abitanti dovranno partecipare, essere in sintonia con il tipo di luogo. Una sorta di villaggio culturale sempre vivo.
Che differenze ha riscontrato nel portare avanti due progetti simili a Milano e a Berlino?
La differenza è totale. A Milano sono stato denunciato dal comune per presunti abusi edilizi, a Berlino sono stato premiato per l’idea, nella concessione edilizia, cioè il tipo di progetto ha avuto un parere favorevole sia dal punto di vista della qualità architettonica del risultato finale che della qualità del progetto culturale.
Il comune di Wedding ha favorevolmente accolto l’idea e ha favorito alcune scelte complicate di carattere edilizio.
In Italia è molto più difficile, se uno parla di progetto culturale legandolo ad un’attività edilizia tutto si complica: ci sono regole rigide che non possono essere comprese diversamente, rispetto una destinazione non usuale ma che da un apporto alla città.
Per quanto riguarda l’aspetto artistico e creativo?
A Berlino c’è sempre una massa notevole di esperienze nuove, di aggregazione, rispetto a Milano, dove è più complicato trovare collocazioni a livello artistico. Qui a Berlino la situazione per i giovani artisti è più ‘rilassata’, ricca di stimoli.