Capitolo 2.1 (parte 18) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i “maggiori”, fra tradizione ed innovazione. La figlia del capitano (’46) di Mario Camerini; musica di Fernando Previtali
La sera c’è la tradizionale festa del fuoco dei cosacchi, con musica, danze e sfrenati numeri acrobatici. Ci sono dei suonatori che stanno intonando con i loro strumenti caratteristici (fra di essi si riconosce una balalajca, una sorta di liuto russo tricorde) una melodia popolare russa, a tempo binario e ritmo puntato. In realtà, è udibile che l’esecuzione viene affidata all’orchestra della musica esterna. Mentre la sfrenata musica russa va avanti, vediamo cosacchi che si producono in salti acrobatici, lanci di coltelli con la bocca, balli a giravolta e in una danza caratteristica, quella del salto del fuoco. Švabrin si avvicina speranzoso verso Maša che guarda estasiata le coppie che a tempo di musica saltano i cumuli di fuoco e le chiede se anche quest’anno ha deciso di guardare e basta. Maša non vuole saltare, ma quando glielo chiede Pëtr accetta senza più paura. L’ufficiale le chiede di sposarlo ed ella accetta felice. Švabrin è visibilmente invidioso e lancia una sfida a duello a Grinëv. La musica viene interrotta all’improvviso da alcuni spari, mentre si vede entrare su di un cavallo il messaggero cosacco, inviato della fortezza, morto, con un pugnale ed un messaggio piantati dietro la schiena. E’ una scena indubbiamente forte che si contrappone, anche con l’assenza della musica, all’ilarità della sequenza precedente. Nel messaggio si legge l’intimazione, da parte di Pugacëv, di deporre le armi e di arrendersi allo Zar Pietro III (il cosacco si spaccia come Pietro III che in realtà è morto). La pace sembra ormai finita e questo è l’inizio di cruente battaglie fra gli orgogliosi cosacchi e le fedeli truppe imperiali.
Ma il capitano Mironov decide di non arrendersi e di rimanere fedele all’imperatrice. L’indomani c’è la furente battaglia fra i due schieramenti e, anche se gli imperiali hanno a disposizione le armi da fuoco, non riescono a frenare la tremenda e feroce avanzata dei cosacchi a cavallo, armati di sole lance e coltelli, ma numericamente superiori. Tutta la scena è accompagnata dalla musica, con tutta l’orchestra che tende, sincronicamente e coloristicamente, a restituire la rapidità e il caos di una battaglia (frequenti i crescendi e diminuendi dinamici), con il rullante militare, trilli, ostinati e pedali ritmici; i fucili stessi entrano nella realizzazione musicale. Le trombe eseguono figurazioni ritmiche marziali, suonando per intervalli di quinta.
Quando i cosacchi hanno ormai vinto ed entrano nella fortezza, con Pugacëv in testa, ecco che la musica acquista un carattere più chiaro ed esplicito, denotando, con la modalità maggiore, il trionfo del finto zar Pietro III.
Pugacëv dà un’ultima possibilità agli ufficiali di aver salva la vita, ma devono rinnegare l’imperatrice e sottoporsi a lui. L’unico a farlo è il traditore e infingardo Švabrin; il capitano Mironov viene giustiziato e Grinëv, anche se non ha rinnegato l’imperatrice, viene graziato, poiché il cosacco riconosce in lui il suo antico salvatore, quando stava per morire nella fredda e ghiacciata steppa.
Segue nel prossimo numero a settembre! Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del dopoguerra italiano