Interviste

Intervista a Ghigo Renzulli

Anche se tutti mi conoscono come il chitarrista dei Litfiba, in realtà io sono principalmente un compositore, poi un arrangiatore e infine un chitarrista che però usa la chitarra acustica per scrivere i brani

Quest’intervista ve la voglio raccontare così….Con molta curiosità e un po’ di tremore alle gambe, avvio la chiamata alle 11:30 di sabato 17 maggio, subito mi risponde gentilmente Denise: – Ciao! È l’intervista per SOund36, giusto? Come ti chiami? Rispondo: “sì, esatto! Sono Annalisa Michelangeli del Magazine SOund36”.  E lei: “Ah bene, ti passo subito Ghigo”.
… (intanto cerco di schiarirmi la voce e mascherare l’emozione) …

Ciao Ghigo! Innanzitutto grazie mille per la tua disponibilità a rilasciarci un’intervista telefonica. Sarà una chiacchierata incentrata principalmente sulla tua carriera da solista e i tuoi recenti album.

Va bene, dice. Con chi ho il piacere di parlare?… ti avverto che io sono un chiacchierone…
…. il resto potete leggerlo qui

Per iniziare vorrei chiederti da cosa è nata l’esigenza di comporre in solitaria e come hai ideato i progetti strumentali da solista?
Il progetto da solista che sto sviluppando in questo periodo è un lavoro strumentale che sta cambiando un pochino faccia perché all’inizio lo avevo chiamato soltanto “No Vox”, poi è stato tramutato in “Ghigo Renzulli No Vox”, mi sembrava più giusto dato che non si tratta di una band, ma di un mio progetto con vari collaboratori.
Anche se tutti mi conoscono come il chitarrista dei Litfiba, in realtà io sono principalmente un compositore, poi un arrangiatore e infine un chitarrista che però usa la chitarra acustica per scrivere i brani. Cos’è che mi ha ispirato? Direi fondamentalmente il gusto personale. In Italia fare musica strumentale è molto faticoso, oltretutto difficile, perché il nostro paese è quello di Sanremo, del Bel Canto…, se qui non fai musica cantata, non hai molto seguito. All’estero, ad esempio negli USA, ci sono realtà strumentali che fanno proseliti dappertutto. Per un compositore come me è un punto di arrivo, di realizzazione perché non ti devi confrontare con nessuno, non devi arrivare a compromessi con altre persone, puoi sviluppare semplicemente il messaggio musicale che piace a te, contrariamente a quando si fa musica “cantata” in cui devi confrontarti con il cantante per questioni di tonalità, resa e atmosfera dei testi, ma si sa, fa parte del gioco. Facendo musica strumentale tutto questo non c’è, io sono il compositore, decido io come deve venire il brano. È un’operazione più complicata perché la musica strumentale deve essere molto più ricca, ci devono essere melodie più forti e per essere piacevoli all’orecchio dell’ascoltatore ci deve essere un grande arrangiamento, della grande armonizzazione perché altrimenti è difficile che chi ascolta, lo faccia per tre/quattro minuti di seguito. Proprio per questo però, comporre musica è un grosso stimolo. Penso di esserci riuscito abbastanza nel mio piccolo, certo non sono Ennio Morricone o Nino Rota da cui ho attinto a mani basse il “modus operandi”, però nella versione rock, penso di aver dato del mio. Sto crescendo anch’io, è un percorso in divenire.

Relativamente al secondo album “Dizzy”, si nota un richiamo a diverse correnti musicali, come il blues e anche riferimenti al cinema. Puoi dirci qualcosa in merito?
Il riferimento al cinema è più evidente nel primo lavoro del Progetto No Vox “Cinematic” (2020) dove oltretutto ci sono anche dei rifacimenti molto arditi di colonne sonore famosissime, come “I Pirati dei Caraibi” di Hans Zimmer, fatta in versione “fusion” e addirittura c’è “1492 Conquest of Paradise”, una celebre colonna sonora dell’omonimo film di Vangelis e poi Sin City… . In questo secondo album “Dizzy” di riferimenti al cinema ce n’è uno solo. L’ho fatto in un brano che si chiama: “Engelcord suite”, un esperimento strano che fa riferimento al pezzo “Engel” dei tedeschi Rammstein, uno dei miei gruppi preferiti. Ti sembrerà strano, ma io ascolto più piacevolmente i gruppi metal che rock, perché trovo che quest’ultimo non abbia più molte idee, mentre nell’ambito metal ce ne sono sempre tante e particolari. L’anno scorso vidi i Rammstein dal vivo allo stadio di Padova, tra i vari pezzi hanno fatto una versione acustica di questo brano “Engel”, per altro bellissima, e ascoltandola mi è venuto in mente uno strano connubio con la colonna sonora del film “Amarcord” di Federico Fellini. L’inizio è abbastanza simile (lo canticchia!), poi, certo, cambia la stesura…, però mi sono detto: “perché non provare a mescolare un gruppo Industrial Metal come i Rammstein con Fellini”? C’ho messo due mesi per farlo, non è stato assolutamente semplice, ma dopo molto tempo e due registrazioni, è venuto fuori “Engel” con accordo “suite” in quanto ci sono tre accordi musicali diversi: il rifacimento del pezzo dei Rammstein fatto alla mia maniera, l’accenno a Federico Fellini nell’Amarcord di Nino Rota e poi una parte strumentale centrale psichedelica che accompagna la composizione e che fa da cuscinetto. È nata quest’unione e per altro, sembra un pezzo che piace. Riguardo al Blues, c’è un brano dal titolo “Terra Blues” da cui il genere emerge preponderante. Io sono un musicista della vecchia guardia, sono nato col Blues. Il primo artista che ho seguito e con cui ho imparato a suonare la chitarra è stato B. B. King e anche Chuck Berry, due colossi che sono rimasti nella storia, entrambi fedeli al motto che si muore sul palco e infatti tutti e due hanno suonato live fino all’ultimo giorno della loro vita. Addirittura B.B. King suonava seduto, non stava neanche più in piedi, ma era lì a suonare. Ho iniziato appunto col Blues per poi passare al Rock. Nelle mie ispirazioni è lampante il richiamo a questo genere: poche note, ma il più espressive possibile. Il brano: “Terra Blues” lo richiama in particolare ed è dedicato al celebre locale omonimo fondato da B.B. King nel quartiere Greenwich Village di New York. Accanto c’è un altro posto storico per la musica, il “Bitter End” più rock dove ha suonato praticamente tutto il Gotha della musica rock mondiale dagli anni Sessanta, a cominciare da Bob Dylan.

Una curiosità: cosa salvi della musica attuale, sempre restando in ambito underground/Indie?
Esiste in quell’ambito un sottobosco musicale molto valido, tantissime band che sanno il fatto loro. Mi diverto nel tempo libero a fare il Direttore Artistico di un contest per giovani artisti che si chiama “Firenze Suona” patrocinato dalla Regione Toscana, aperto agli artisti di tutta Italia. Vedo tante realtà musicali ottime, ma purtroppo hanno poco spazio, il grosso problema è che non ci sono più le case discografiche che investono sui giovani. C’è tanta qualità, tanta gente che suona bene, però non vanno molto lontano perché sai, l’italiano medio ascolta le proposte televisive e radiofoniche, musica tutta uguale, solito modo di fare, auto-tune che imperversa, l’importanza dell’estetica, ecc… Comunque ognuno fa quel che vuole! Certo non compro dischi di musica leggera italiana oggi, li ho comperati per il mio gusto fino agli anni Ottanta-Novanta, ma ora no…resto della vecchia guardia, ecco.

Puoi dare un accenno alle tue più recenti collaborazioni?
Nell’ultimo disco ho collaborato con quattordici artisti diversi, fra cui i miei cari amici Drigo e Cesare chitarristi dei Negrita, il trombonista Francesco Cangi, il sassofonista Chris Pacini, chitarristi di flamenco, musicisti classici, molte influenze musicali da varie parti del globo.

Parlando dell’arte del comporre musica. Ci sono stati cambiamenti nel corso del tempo?
No, il mio modo di comporre non è cambiato, l’utilizzavo già negli anni Ottanta e Novanta. Tutti i riff che la gente conosce sono cantabili con la voce perché composti con essa, poi trasportati sullo strumento. È il mio stile compositivo partire dalla voce. Il mio vecchio manager diceva che secondo lui io ero la reincarnazione di un musicista napoletano del Seicento e sotto sotto credo avesse ragione, perché sono partenopeo e poi perché la musica napoletana piace, soprattutto quella antica, quella popolare, gruppi come la “Nuova Compagnia di Canto Popolare” che ha fatto dei dischi spettacolarmente belli. Nel mio ultimo disco è presente un esperimento del genere in “Circus”. Da tempo avevo voglia di fare un pezzo sul ritmo della Tammuriata Nera, celebre canzone napoletana composta nel 1944. C’era un ritmo trascinante e ho pensato di fare un pezzo così, composto con lo stesso 121 bpm cui ho aggiunto melodie rock. Il risultato: un’atmosfera un po’ circense da cui il titolo del brano. Di solito mi diverto a sperimentare come è stato nel brano “Exotica”. Il nome non l’ho inventato io, deriva da un movimento in voga negli anni Cinquanta dove andava di moda fare Jazz su ritmi caraibici ed esotici e veniva utilizzato anche nel Pop, il periodo di Harry Belafonte (Banana Boat Song). Allora ho detto: “se negli anni ’50 facevano jazz su ritmi esotici, perché non posso provare a fare del rock su ritmi caraibici”? e così è nato il mio “Exotica”. Penso che sperimentare e divertirsi quando si fa musica sia una delle cose basilari, se non ti diverti in prima persona componendo e sul palco non puoi far divertire il pubblico.

E per concludere questa piacevole chiacchierata, quali sono i tuoi imminenti impegni e live?
Ho già fatto alcune presentazioni live dell’album più recente “Dizzy” che per altro, contrariamente alle mie aspettative essendo un progetto senza la voce, sta andando bene e ha necessitato di ristampa. Quest’estate farò qualche apparizione, sto valutando con il mio management. Portare la musica strumentale sul palco è diverso, sceglierò probabilmente manifestazioni particolari, mostre del cinema o festival culturali per presentare la mia musica dal vivo con una band di ottimi musicisti. Il prossimo progetto vediamo, potrei fare un altro disco “No Vox” con collaborazioni di cantanti, tipo “alla Santana” volendo… a breve farò un altro video promozionale di questo progetto. E poi ci sono sempre i Litfiba, c’è la gente che inneggia alla reunion, ma se deve essere, dovrà esserlo con la formazione originale. Quello è stato il periodo più artistico e libero, meno segnato dal business… vedremo cosa succederà!

Grazie Ghigo per il tuo tempo, ti auguro una buona giornata.
Grazie mille, anche a te, Annalisa.

È stata proprio una bella esperienza dialogare con una colonna del rock italiano! Grata a Gigi Fratus e Clarissa D’Avena per la proposta e la fiducia! Ad Annalisa Nicastro Direttrice di SOund36 che ci lascia sempre liberi di fare cose belle.

About the author

Annalisa Michelangeli

Mi chiamo Annalisa Michelangeli, nata a San Severino Marche nel 1982, ma cresciuta in un piccolo paese tra Marche e Umbria, sui Monti Sibillini. Vivo a Macerata. Amo la musica e ogni altra forma d’arte da sempre. Scrivo poesie e di recente ho pubblicato un saggio autobiografico su un mio personale percorso legato alla gestione della fibromialgia. Ho una formazione linguistica e letteraria, possiedo attestati per insegnare yoga per bambini e quello di assistente all’infanzia. Attualmente svolgo attività di docenza d’italiano per stranieri che è il mio ambito di specializzazione e mi appassiona molto. Da molti anni seguo concerti in tutta Italia, in passato con una frequenza maggiore essendo allora più libera da impegni lavorativi e famigliari: sono anche mamma di una bambina di otto anni. Nel 2007/2008 ho frequentato un corso di giornalismo musicale legato a una rivista che si occupava sia di jazz, che di rock. Ascolto soprattutto indie rock inglese e italiano, ma anche cantautori del passato, musica francese, sono curiosa di scoprire gruppi emergenti e nuove sperimentazioni nel panorama musicale.

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