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Vi spiego cosa sta succedendo ai prezzi dei videogiochi

Scritto da Tommaso Cardia

Ripercorriamo insieme gli ultimi anni del mercato videoludico, non senza analisi critiche e informazioni precise, per capire cosa ci aspetta

Ormai nel nostro settore non si parla d’altro se non della crescita dei prezzi, condita da analisi sempre meno approfondite da parte della stampa di settore e dei divulgatori.
Dubito che qualcuno tra i lettori qui presenti si sia perso Switch 2, mostrata nel dettaglio il 2 aprile, e per chiunque abbia seguito la diretta sicuramente c’è un dettaglio che era impossibile non notare: l’assoluto silenzio riguardo il prezzo di qualsiasi prodotto, dalla console stessa ai giochi, passando per le periferiche. Prezzi che poi abbiamo comunque scoperto pochi minuti dopo tramite i siti ufficiali e i negozi specializzati, e che quindi più che essere un segreto erano stati semplicemente omessi apposta, per salvaguardare l’attenzione e l’hype degli spettatori, poiché Nintendo era già certa che se ne sarebbe discusso.

Switch 2 ha un costo di €470 in Europa, mentre i giochi first party mostrati hanno prezzi compresi tra i €70 e i €90, in base al titolo e alla versione digitale, con prezzi minori per le versioni digitali. Sono inoltre stati lamentati i prezzi della tech demo “Switch 2 Welcome Tour“, assurdamente venduta a €10, e degli “Switch 2 Upgrades“, pacchetti contenenti qualche contenuto ludico, upscaling grafico e talvolta dei veri e propri contenuti bonus, con prezzi compresi tra i €10 e i €20. Ora, è chiaro il motivo per cui tra questi il protagonista più frequente delle discussioni sia l’aumento del prezzo dei giochi, ma prima di unirvi a campagne come “drop the price“, facciamo due conti:

Nintendo Switch 2 è l’erede di Nintendo Switch e la prima console di decima generazione sul mercato. Per questo, Switch 2 sarà anche “incaricata” di sperimentare in vari campi inesplorati, tra cui proprio i prezzi, ormai fondamentalmente insostenibili per l’industria, e che quindi minacciavano di aumentare il costo del prodotto finale già da molti anni. Abbiamo visto i primi esempi con PlayStation anni fa, culminati nei torreggianti €800 di PS5 Pro, e per quanto la differenza di prezzo retail tra fisico e digitale sia una novità, è qualcosa che Sony ha già introdotto silenziosamente a livello hardware, tramite il doppio modello di PS5 e il singolo modello di PS5 Pro, con lettore dischi venduto separatamente per altri €130. I motivi per cui le software house preferiscono il digitale al fisico sono molti: costi minori per produzione e distribuzione, maggior controllo su vendite e giocatori effettivi, impossibilità di prestito o rivendita e chi più ne ha, più ne metta. Per quanto quindi sia triste abbandonare il fisico, e lo dico da collezionista oltre che da giocatore, è qualcosa che saremo praticamente obbligati a fare in futuro, mantenendo al massimo le Collector’s Edition che hanno un alto margine di guadagno anche per le software house.

Mettiamo insieme la promozione del digitale tramite prezzi minori all’inflazione, all’aumento dei costi di sviluppo e produzione e alle scomode questioni geopolitiche attuali: un aumento dei prezzi è assolutamente sensato, direi quasi ovvio.

Se infatti per la console il prezzo è fondamentalmente identico a quello degli altri handheld attuali, i competitor diretti, la vera discrepanza si vede con i prezzi dei giochi.

“I giochi per Nintendo Switch 2 costeranno 90 euro“, quante volte avete letto frasi simili in articoli o discussioni? Bene, dimentichiamolo: ad oggi, solo un gioco per Switch 2 ha un prezzo retail di €90, e solo in versione fisica. Parliamo ovviamente di Mario Kart World, venduto a €80 in digitale e addirittura €40 in bundle con la console. Di conseguenza, è evidente come il prezzo deciso da Nintendo sia un unicum funzionale alla vendita dei bundle, per renderli più appetibili come qualità-prezzo. Dovremmo essere preoccupati per un eventuale aumento dei prezzi anche espanso ad altri titoli? Certo, ma sebbene il prezzo di MKW costituisca un precedente, non è mai diventata la norma e le reazioni dei fan sicuramente non sono state accoglienti a riguardo. I prezzi dei giochi Nintendo sono sempre stati percepiti come alti, soprattutto a causa degli sconti davvero poco frequenti e sempre minimi, rispetto alle controparti (specialmente PC, con Steam che propone offerte enormi costantemente o Epic Games e i giochi gratuiti riscattabili ogni mese), ma non sono mai stati “troppo“.

Vorrei anche portare all’attenzione un particolare trend che si sta facendo sentire sempre più presente, ovvero i cut content venduti come DLC a prezzi decisamente alti: è clamorosa la differenza tra il DLC “The Answer” di Persona 3 Reload, fatto di asset riciclati e peraltro incluso nel gioco base per la precedente versione FES di Persona 3, venduto a €35 esclusivamente come parte di un pass, e “Shadow of the Erdtree”, DLC di Elden Ring che ha fatto parlare di sé come fosse un gioco a parte, tanta è stata la sua portata, venduto a €40. Non c’è paragone tra i due contenuti, né come mole di lavoro per gli sviluppatori, né come impatto creativo e ludico, tuttavia il costo è praticamente lo stesso (con P3R che all’uscita costava 10 euro in più rispetto a ER) e di questo avremmo centinaia di ragioni per lamentarci. Persona 3 Reload arriva a costare ben €105 tra DLC e gioco base, con il DLC che rappresenta il vero e proprio epilogo della storia, ed è solo il primo esempio di molti. Il discorso è che i prezzi sono già aumentati, semplicemente sono sempre stati nascosti sotto DLC e Season Pass spacciati per “contenuti aggiuntivi”, gli stessi che Astro Bot o GoW: Ragnarok ci hanno offerto gratuitamente, per non parlare del lavoro di Larian Studios con Baldur’s Gate 3. Sono ben contento di pagare €40 per SotE, che offre tanta novità ed è davvero paragonabile a titoli come Bloodborne o Dark Souls per longevità e quantità di contenuti, ma fateci caso: quanti DLC valgono davvero i soldi che spendete, e quanti invece sono uno stratagemma per arrivare a far pagare il gioco di più?

C’è anche un’altra importante questione da tenere in considerazione: l’infimo potere d’acquisto dell’italiano medio rispetto al resto del mondo occidentale, con gli stipendi del nostro Paese tra i più bassi in Europa (il ricavo lordo annuale medio in Italia è di €32.450, mentre ad esempio in Germania è di €49.260), che non si riflette sui prezzi dei prodotti finali, identici in tutto il continente. Il risultato è che, sebbene i prezzi dei videogiochi e delle console siano alti (è sempre stato un hobby costoso quello dei videogiochi, specialmente se vissuto approfonditamente), solo per pochi Paesi sono effettivamente troppo. Confrontando i prezzi di uscita delle varie console al loro tempo e modificandoli in base all’inflazione (che ha causato un aumento di tutto tranne che degli stipendi) di oggi, è possibile notare come siano sempre rimasti intorno alle stesse cifre, con il picco avvenuto per PS3, che oggi avrebbe un costo di €800 circa.

Tutti questi numeri e questi calcoli hanno il solo scopo di essere informativi per voi, in un mondo che ormai parla d’impulso e alla pancia dei lettori, piuttosto che alla mente.

Fate attenzione a ciò che leggete online, e ragionate sempre con la vostra mente: la stampa di settore non lavora sempre come dovrebbe, e l’informazione ha valore solo quando utilizzata secondo tutte le potenzialità che offre; dopotutto, è l’unica arma che abbiamo contro l’ignoranza e la prevalicazione.

About the author

Tommaso Cardia

Nato a Bracciano (Roma) nel 2003, sono cresciuto immerso nel mondo dei videogiochi fin da piccolo, con una forte passione per il giornalismo e il mondo della critica.
Amo la creatività, l'arte, l'impronta autoriale e la libertà, e mi piace spaziare tra tutti i generi videoludici e media artistici.

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